martedì 19 febbraio 2013

Una libbra di carne umana

l Mercante di Venezia è una commedia di Shakespeare, che narra la vicenda di Antonio il quale, fattosi prestare del denaro dall'ebreo Shylock dietro l'impegno - concordato tra le parti come garanzia puramente simbolica e come dichiarata intenzione di non percepire alcun interesse - a concedergli una libbra della propria carne in caso di mancata restituzione. Tuttavia Antonio perde tutti i suoi averi in alcuni naufragi, e si vede richiedere da Shylock questo spietato pagamento. Né l'intervento generoso degli amici di Antonio, disposti a pagare una somma altissima per estinguerne il debito, né le preghiere o la pietà chiesta dagli stessi, servono a nulla. Shylock è irremovibile. Egli vuole solo una libbra di carne umana di Antonio, anche se questo non gli porterà nessun vantaggio. Vuole la sua libbra perché è sua. 

Oggi Shakespeare avrebbe chiamato Shylock con un altro nome. 

Forse Alvise:

"ATTO IV, Scena I

SHYLOCK - Dei miei proponimenti 
ho già dato contezza a vostra grazia, 
e ho giurato sul nostro sacro Sabbath,
che intendo avere quello che mi spetta 
in forza della mia obbligazione. 
Se voi me lo negate, 
s'abbatta punitiva la potente 
mano di Dio sopra gli statuti 
e sulle libertà del vostro Stato. 
Mi chiederete per quale ragione 
ho scelto di ricever carne umana 
in luogo dei tremila miei ducati. 
Non ho altra risposta 
se non ch'è un mio capriccio personale…
Essa non vi soddisfa?… Che direste 
se un topo molestasse la mia casa 
ed io per mio capriccio decidessi 
di gettar via diecimila ducati 
per cacciarlo? Sarebbe una risposta? 
C'è gente che non ama avere in tavola 
un maiale col grugno spalancato; 
altri si fanno prender da isterie 
alla vista d'un gatto; ed altri ancora 
se la fan sotto solo ad ascoltare 
il nasale suonar d'una zampogna; 
e tutto ciò perché la simpatia, 
padrona delle nostre reazioni, 
tutte le regole a suo capriccio, 
si tratti di gradire o rifiutare. 
Insomma, per venire alla risposta: 
come non c'è ragione plausibile 
perché quello non tolleri la vista 
d'un porco con la bocca spalancata, 
o d'un innocuo necessario gatto; 
perché quell'altro un piffero villoso, 
ma ciascuno per forza deve cedere 
a quell'inevitabile vergogna 
di ritorcer l'offesa a chi t'ha offeso, 
così io qui non posso, né lo voglio, 
darvi alcuna ragione, 
più che quella d'un odio radicato 
e d'una certa quale repugnanza 
che sento per Antonio, 
del perché mi sobbarco a questa azione 
contro di lui e in perdita per me."
Foto: Il Mercante di Venezia è una commedia di Shakespeare, che narra la vicenda di Antonio il quale, fattosi prestare del denaro dall'ebreo Shylock dietro l'impegno - concordato tra le parti come garanzia puramente simbolica e come dichiarata intenzione di non percepire alcun interesse - a concedergli una libbra della propria carne in caso di mancata restituzione. Tuttavia Antonio perde tutti i suoi averi in alcuni naufragi, e si vede richiedere da Shylock questo spietato pagamento. Né l'intervento generoso degli amici di Antonio, disposti a pagare una somma altissima per estinguerne il debito, né le preghiere o la pietà chiesta dagli stessi, servono a nulla. Shylock è irremovibile. Egli vuole solo una libbra di carne umana di Antonio, anche se questo non gli porterà nessun vantaggio. Vuole la sua libbra perché è sua.   Oggi Shakespeare avrebbe chiamato Shylock con un altro nome.   Forse Alvise:  "ATTO IV, Scena I  SHYLOCK - Dei miei proponimenti  ho già dato contezza a vostra grazia,  e ho giurato sul nostro sacro Sabbath, che intendo avere quello che mi spetta  in forza della mia obbligazione.  Se voi me lo negate,  s'abbatta punitiva la potente  mano di Dio sopra gli statuti  e sulle libertà del vostro Stato.  Mi chiederete per quale ragione  ho scelto di ricever carne umana  in luogo dei tremila miei ducati.  Non ho altra risposta  se non ch'è un mio capriccio personale… Essa non vi soddisfa?… Che direste  se un topo molestasse la mia casa  ed io per mio capriccio decidessi  di gettar via diecimila ducati  per cacciarlo? Sarebbe una risposta?  C'è gente che non ama avere in tavola  un maiale col grugno spalancato;  altri si fanno prender da isterie  alla vista d'un gatto; ed altri ancora  se la fan sotto solo ad ascoltare  il nasale suonar d'una zampogna;  e tutto ciò perché la simpatia,  padrona delle nostre reazioni,  tutte le regole a suo capriccio,  si tratti di gradire o rifiutare.  Insomma, per venire alla risposta:  come non c'è ragione plausibile  perché quello non tolleri la vista  d'un porco con la bocca spalancata,  o d'un innocuo necessario gatto;  perché quell'altro un piffero villoso,  ma ciascuno per forza deve cedere  a quell'inevitabile vergogna  di ritorcer l'offesa a chi t'ha offeso,  così io qui non posso, né lo voglio,  darvi alcuna ragione,  più che quella d'un odio radicato  e d'una certa quale repugnanza  che sento per Antonio,  del perché mi sobbarco a questa azione  contro di lui e in perdita per me."

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