giovedì 28 febbraio 2013

Il Messaggero: giornalisti al fianco dei poligrafici



I 33 esuberi potrebbero essere utilizzati per l'infografica, la gestione di video e foto per il sito internet e la web tv

Il Messaggero: giornalisti al fianco dei poligrafici

La sede del Messaggero a Roma

ROMA – L'assemblea dei redattori del quotidiano "Il Messaggero" giudica inaccettabile l'annuncio di 33 esuberi e la conseguente attivazione della procedura di mobilità ex legge 223/91 per il personale poligrafico.
I giornalisti del quotidiano romano ritengono che "il piano, così come è stato presentato, è da respingere sia per le modalità di gestione degli esuberi (sarebbe la prima volta che vengono applicati in azienda licenziamenti collettivi) sia perché la nuova grafica del giornale, così come emerso in queste prime settimane di utilizzo, non rende affatto superfluo il lavoro dell'area preparazione, che resta indispensabile".
I redattori del Messaggero ritengono, invece, "possibile e auspicabile l'impiego di personale che l'azienda considera in esubero per lo svolgimento di attività attualmente affidate all'esterno oppure tuttora in fase di sviluppo (come ad esempio l'infografica, la gestione di video e foto per il sito internet e la web tv.)".
L'assemblea invita, pertanto, l'azienda a "ritirare immediatamente i licenziamenti e rinnova il proprio sostegno alla Rsu, impegnata in una dura trattativa per scongiurare questa sciagurata eventualità. Inoltre, invita a valutare gli effetti che il prolungarsi della vertenza potrebbe avere sul mercato editoriale, un mercato difficile in cui la qualità del prodotto sarà sempre più determinante".
Ricordando che "la redazione ha già dato un contributo notevolissimo alla riduzione dei costi, da ultimo con il secondo stato di crisi avviato nel 2012 e ancora da completare", l'assemblea dei giornalisti dà mandato al cdr di "esplorare, nell'ambito delle intese vigenti fra azienda e giornalisti, possibili forme concrete di solidarietà, che possano favorire un'intesa, in un quadro di sacrifici condivisi da tutti, a partire dai vertici del gruppo. Allo stesso tempo, a sostegno dell'obiettivo ritenuto irrinunciabile di evitare il ricorso ai licenziamenti collettivi, affida al cdr tre giorni di sciopero".

Come stanno i giornali italiani

http://www.ilpost.it/2013/02/01/crisi-giornali-italiani/

Si parla molto brevemente anche del Messaggero. Si fa riferimento ai giornalisti e non ai poligrafici, ma viene confermato che si assume (durante lo stato di crisi e mentre si fanno contratti di solidarietà e prepensionamenti), ma del resto si sa che in Italia siamo tutti un po' creativi...

Giochetti con i contratti di solidarietà

Truffe con i contratti di solidarietà

Beh, c'è chi con i contratti di solidarietà ci fa delle vere e proprie truffe, dando contributi fuori busta, facendo lavorare gente in ferie o utilizzando personale in nero, e c'è chi chiede i contratti di solidarietà e indora la pillola alle RSU con integrazioni salariali (non riconfermate) e nel frattempo assume personale o utilizza collaboratori pensionati e gli fa fare il lavoro di quelli che stanno in solidarietà...pure qui non è che le cose siano tanto regolari...

http://www.gdf.it/gdf/it/stampa/ultime_notizie/info1945976292.html

LIBERAZIONE & IL MESSAGGERO: ANALOGIE FORZATE?

LIBERAZIONE & IL MESSAGGERO: ANALOGIE FORZATE?

Liberazione ha chiuso. Ma la sua storia, come quella di molti giornali simili (quelli che vivevano solo di sovvenzioni pubbliche) costituisce un preludio di quello che è successo poi anche ingiornali grossi (tipo il nostro). Ma anche quello che è seguito poi in queste piccole testate, potrebbe essere replicato (con le dovute differenze e con altri numeri) anche nel mondo dell'alta editoria.

Singolare che giornali come Liberazione, cioé dichiaratamente comunisti, forniscano delle idee all'avanguardia della precarizzazione del personale e del lento assassinio dei giornali, e le forniscano proprio a quei dirigenti rampanti delle grandi società, che dovrebbero essere il loro nemico.

Liberazione già da tempo affidava il disegno della pagina, fatto direttamente al computer, ai giornalisti. Da qui al trasferimento dei book pagine, l'invio e il taglio foto e l'utilizzo dei tag (cioé la videoimpaginazione camuffata da utilizzo di routine precostituite) utilizzata dai redattori e cronisti del Messaggero, non c'è una gran differenza.

Interrotti i finanziamenti ai giornali di partito, ecco che Liberazione mette tutti in cassa integrazione. Una situazione analoga a quella vissuta al Messaggero: la legge sui prepensionamenti, 62 ex 416 rischia di essere modificata in maniera insostenibile? Il Messaggero rischia di non poter più scaricare i propri costi sullo Stato? Ecco la minaccia dei licenziamenti e quindi i contratti di solidarietà (che per inciso sono stati utilizzati anche dal Liberazione prima della Cassa Integrazione).

E poi? Liberazione per continuare ad incassare i soldi dallo stato, dopo essersi liberata di 13 giornalisti, 17 redattori e 14 poligrafici, decide di realizzare un sito internet. La società editrice Mrc, socio unico il Prc, infatti, ha proposto la prosecuzone dell'attività attraverso un doppio prodotto: il sito internet, che costituisce una testata a sé, registrata al Tribunale,(«con l'aggiornamento della notizia di apertura nella fascia oraria 12-19 dal lunedì al sabato», in base a una selezione che «darà la priorità a notizie di politica interna, economia, sindacale sempre accompagnate da un breve commento del direttore») e due pagine in versione Pdf (una "Prima pagina" caratterizzata da «foto a tutta pagina con titolo breve e sommario argomentato, accompagnato da editoriale sul tema del giorno a firma di qualificati commentatori, anche esterni alla redazione» e «un'altra pagina di notiziario»). L'obiettivo della versione Pdf è«consentire la stampa in proprio da parte dei circoli Prc ai fini del relativo utilizzo politico-militante». In più la "Prima pagina" «continuerà ad essere trasmessa alle testate giornalistiche per le "anteprime" e le rassegne stampa televisive».

Cosa sta avvenendo al Messaggero? Si è firmato un contratto di solidarietà a 12 mesi (ne era stato firmato uno nel 2010 e un altro nel 2011) che dovrebbe essere replicato nel 2014...e intanto? Si continuano a tagliare le redazioni delle province, le copie calano e si punta molto sul sito web (che comunque continua ad essere notevolmente inferiore ai concorrenti) e si dà quasi più importanza alle copie diffuse su Ipad che in edicola. Le copie su Ipad in particolare, sono identiche a quelle stampate. Il pdf da cui derivano può essere inviato alle rassegne stampa televisive, e anche esso può essere stampato in proprio dall'utente. Senza contare l'abbattimento dei costi di spedizione agli abbonati, appunto perchè non esiste spedizione, ma solo un recapito informatico

Ovviamente il fine di tutto ciò non è tanto accedere ai finanziamenti pubblici come Liberazione (Il Messaggero ha sempre scaricato i propri costi sulla collettività in altra maniera), ma piuttosto di vivacchiare, sperando che il flusso di pubblicità intercettato da internet e dalle copie sull'Ipad (senza contare gli abbonamenti) a fronte dell'abbattimento dei costi, possa comunque portare dei profitti con minor sforzo, oltre a mantenere la testata come mezzo di influenza a carattere politico.

Ma si tratta di strategie finora perseguite da giornali piccoli, come appunto Liberazione, e che tuttavia potrebbero essere impiegate anche in altre grandi testate a tiratura nazionale (come RCS che per altro non gode di buona salute).

In breve, alla fine dei 12 o 24 mesi di solidarietà, che ne sarà dei poligrafici al Messaggero? E anche se la 62 ex 416 dovesse sopravvivere quel tanto che basta per mandare il più grande numero possibile di persone in prepensionamento, ( a carico della collettività, s'intende) che ne sarà dei pochi che rimarranno? E quanto queste strategie si rileveranno vincenti? E soprattutto: quanto costano i dirigenti che le applicano con poca, assai poca fantasia? Il Messaggero sta morendo...

http://www.giornalettismo.com/archives/190981/la-grande-truffa-di-liberazione-on-line/

Telecom Italia denunciata per i contratti di solidarietà

Telecom Italia denunciata per i contratti di solidarietà

Nel 2010 una certa azienda di nostra conoscenza impose, col ricatto dei licenziamenti, i contratti di solidarietà alla RSU; come poi ha fatto Telecom. E come Telecom, anche questa azienda non ne aveva bisogno.

Per la cronaca, l'azienda alla quale ci riferiamo noi stampa uno dei più noti e famosi quotidiani della Capitale...

Un'associazione di lavoratori ha denunciato l'ex monopolista: avrebbe applicato i contratti di solidarietà senza averne bisogno.

[ZEUS News - www.zeusnews.it - 23-04-2012]

L'APE -Associazione Prevenzione Esuberi, un gruppo di lavoratori impiegati soprattutto nel settore delle TLC, autonomo dai sindacati del settore e che si occupa particolarmente di autotutela legale - ha presentato presso la Procura della Repubblica di Roma una denuncia contro Telecom Italia per truffa ai danni dello Stato (appoggiandosi allostudio legale Guarna).

L'accusa riguarda i contratti di solidarietà applicati a 30.000 lavoratori dell'azienda a partire dall'ottobre 2010 e, prima ancora, ai 1.000 lavoratori del 1254 a partire dal settembre 2009.

Per l'APE l'utilizzo di questo ammortizzatore sociale, sia pure concordato con i sindacati confederali, è ingiustificato: infatti Telecom Italia non soffriva di problemi economici - infatti potédistribuire un ricco dividendo ai propri azionisti - e inoltre non avrebbe organizzato in modo sufficiente corsi di riconversione professionale per i propri lavoratori.


La denuncia e l'iter giudiziario conseguente potrebbe pesare sul possibile, anzi quasi certo, rinnovo del contratto di solidarietà biennale che scade per questi 30.000 lavoratori nel settembre 2012; nell'aria c'è peraltro anche la possibilità di estendere il contratto di solidarietà anche ai lavoratori della rete Telecom Italia, che fino a oggi ne erano stati esclusi ma ora sono interessati dalla mobilità verso la pensione, che la riforma Fornero ha praticamente precluso.

Telecom respingerà certamente questa denuncia come infondata e denigratoria; anzi è probabile che controquereli i responsabili dell'APE chiamando come testimoni a propria difesa gli stessi responsabili sindacali CamussoBonanni e Angeletti.


I "SOLIDARIZZATI" DI TELECOM ITALIA

I "SOLIDARIZZATI" DI TELECOM ITALIA

Dal Blog di Beppe Grillo:

Telecom ha decine di miliardi di debiti e aveva decine di migliaia di dipendenti. Una volta licenziati tutti i dipendenti chi pagherà i debiti?

"Caro Beppe, sono dipendente di Telecom italia e da novembre 2010 in contratto di solidarietà per due anni, con riduzione dell'orario di lavoro e dello stipendio del 15%. L'azienda ha presentato nell'ultimo piano industriale 7.000 esuberi. Per tale motivo il 4 agosto, davanti al ministro che ha erogato un bel po' di soldi pubblici, ha siglato un accordo coi sindacati per applicare il contratto di solidarietà per i prossimi due anni. Riguarderà 29.000 dipendenti del gruppo. Li chiamano effetti della crisi. Come mai un'azienda che distribuisce utili ai suoi azionisti è in crisi? Alla fine dei due anni noi dipendenti "solidarizzati" che fine faremo? Superando le ovvie considerazioni sul "come farò a mangiare e a pagare il mutuo", mi piace pensare che anche con un reddito di 1300 euro al mese sarei in grado di mandare mio figlio all'università, di fargli conseguire una laurea. Credo che lui abbia il diritto di avere la possibilità, seppur figlio di un dipendente della Telecom, di far parte della futura classe dirigente di questo Paese. Un Paese in cui stanno uccidendo anche i nostri sogni." 

Antonio V.

Telecom,contratti solidarietà per 29.000 invece di 1.100 esuberi

Nel 2010 in Telecom i contratti di solidarietà servirono anche a far reinternalizzare delle lavorazioni uscite fuori...e al Messaggero?

Telecom,contratti solidarietà per 29.000 invece di 1.100 esuberi

giovedì 21 ottobre 2010 18:05
 

ROMA (Reuters) - Telecom Italia e i sindacati hanno sottoscritto stamani l'accordo applicativo dell'intesa sugli esuberi del gruppo telefonico firmato agli inizi di agosto.

Sindacati ed azienda hanno concordato che i contratti di solidarietà saranno spalmati su 29.000 lavoratori del gruppo in modo da ridurre la perdita di lavoro e salario.

Una nota dell'Slc Cgil spiega che "l'accordo conferma un processo di reinternalizzazione di attività e di riconversione professionali che nei due anni di vigenza dell'accordo dovrebbero garantire il riassorbimento dei 1.100 esuberi e la riconversione dei lavoratori verso nuove attività".

L'intesa siglata da Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e il Coordinamento Nazionale delle Rsu prevede di applicare "la mobilità volontaria esclusivamente sui settori di Open Access (la Rete) e di 'spalmare' la solidarietà prevista dall'accordo su circa 30 mila lavoratori cui orario di lavoro sarà ridotto da un minimo del 3% ad un massimo del 15% l'anno, con impatti minimi sui singoli lavoratori".

Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano

Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia


No ai governi di solidarietà

Facciano tutti i governi che vogliono, ma non se ne vengano col governo di solidarietà nazionale, perché noi al Messaggero con la solidarietà abbiamo già dato e stiamo ancora dando.

La crisi Rcs e gli stipendi dei manager

COMUNICATO SINDACALE

La crisi Rcs e gli stipendi dei manager

Contemporaneamente alla presentazione del nuovo piano di ristrutturazione della Rcs, che prevede il taglio di 800 dipendenti e un netto ridimensionamento del perimetro industriale, l'amministratore delegato Pietro Scott Jovane ha annunciato l'autoriduzione del 10 per cento della sua retribuzione. 
Il Cdr del Corriere vorrebbe tuttavia che questo gesto fosse accompagnato dall'applicazione di un criterio per la corresponsione dei vari bonus e della parte variabile dello stipendio, nonché dell'eventuale buonuscita di tutti i manager del gruppo, adeguato alla gravità del momento: stabilire quelle somme in rapporto non al numero dei posti di lavoro tagliati, ma di quelli salvati. 
Da troppi anni ormai la Rcs, dove i piani di ristrutturazione si susseguono ai piani di ristrutturazione senza che assurdi sprechi vengano sfiorati, dimostra nei confronti dei propri manager una grande generosità, indipendente dai risultati. 

Nel 2007 su un importante quotidiano si leggeva: «Via Solferino ha speso negli ultimi quattro anni quasi 30 milioni fra buonuscite e buonentrate per oliare il frenetico turnover dei suoi manager». Proprio così: buonentrate. Perché, sempre secondo lo stesso articolo, il predecessore di Scott Jovane, Antonello Perricone, arrivato al timone della Rcs dopo che era saltata la sua nomina a direttore generale della Rai, avrebbe intascato un «bonus d'ingresso» di un milione. Un bonus d'ingresso: avrebbe cioè percepito un superincentivo soltanto per mettere piede in azienda. Più 3,4 milioni di euro quando ne è uscito, e la Rcs non nuotava certamente nell'oro, reduce com'era dallo stato di crisi. 
Quella di Perricone è una misera liquidazione se la confrontiamo con la somma incassata al momento dell'uscita da Vittorio Colao: 7,8 milioni, metà dei quali, a onor del vero, versati da lui in beneficenza. Oppure con quella dell'ex direttore generale Gaetano Mele: 9,6 milioni. Cifre che impallidiscono di fronte alla buonuscita di Maurizio Romiti: 17 milioni di euro, dopo un paio d'anni al timone della Rcs. Ottocentocinquantamila euro al mese. Per inciso, con quei 17 milioni si sarebbero pagati per un anno 400 dipendenti della Rcs Quotidiani, molti dei quali venivano invece mandati in prepensionamento.

Quando quella liquidazione monstre venne pagata, lo stesso presidente della Rcs, Guido Roberto Vitale (anch'egli allora in uscita), ammise: «Certi tipi di remunerazione sono giustificabili solo in presenza di risultati estremamente positivi». Facendo capire che non era quello il caso. 
Non è ammissibile che continui questa giostra milionaria che arricchisce manager e dirigenti, indipendentemente dalla qualità professionale. 
In un momento come questo dovrebbe essere il primo solenne impegno dell'azienda.

Il Cdr del Corriere della Sera24 febbraio 2013 | 8:53

martedì 26 febbraio 2013

I padroni della stamperia – : la galassia Caltagirone

I padroni della stamperia – 5: la galassia Caltagirone

20/10/2012 - Francesco Gaetano Caltagirone, re del cemento. La lotta contro Zingaretti e Veltroni, le baruffe per Acea. L'impegno nell'editoria di un principe della finanza italiana.

I padroni della stamperia - 5: la galassia Caltagirone
Annunci GoogleCREA IL TUO SITO GRATISFai un Sito Web in soli 3 passi! Professionale e Gratis per sempre.www.Webnode.it/Creare_Sito

"Io, una campagna stampa così forte, non l'ho mai vista": così parlava qualche mese fa uno stretto collaboratore di Nicola Zingaretti alla Provincia di Roma. Il Portaborse qualche giorno fa preconizzava che il principale avversario della corsa dell'ex presidente di Palazzo Valentini verso la Regione Lazio sarebbe stato proprio lui, sempre lui.

FGC - L'uomo che è dietro la betoniera con in mano il Messaggero. L'editore di due dei principali organi di informazione dello scenario romano, il quotidiano di via del Tritone e il suo fratellino free press, Leggo. Uno degli uomini più ricchi d'Italia, sebbene pesantemente indebitato presso banche ed istituti di credito. L'uomo che ha costruito, insieme alla grande lobby del cemento romano, metri e metri cubi di cemento nella capitale, non osteggiato dalle giunte di centrosinistra ma anzi, dicono alcuni, aiutato. Francesco Gaetano Caltagirone è l'uomo che tiene in mano, fin dal 1995, il primo quotidiano di Roma, il gigante della cronaca, il foglio più letto nella capitale, arrivato nelle mani impastate di calcestruzzo dopo una lunga storia.

IL MESSAGGERO - Il quotidiano era reduce da mani sporche di loschi affari della prima repubblica, quelle di Raul Gardini, il grande scalatore del gruppo Ferruzzi che nel 1987 acquisisce il controllo della Montedison che da tempo era editrice del Messaggero dopo averne ereditato, non facilmente, la proprietà dalla storica famiglia Perrone. Nel 1996, dopo le elezioni politiche che videro il ritorno del centrosinistra dopo la prima, labile parentesi berlusconiana, arriva anche Caltagirone al vertice del Messaggero, insieme allo storico quotidiano napoletano, il Mattino. Man mano la galassia editoriale di Caltagirone si amplia, nel 1998 arriva quello che sarà "il Nuovo Quotidiano di Puglia", nel 2001 il gruppo sbarca nella Free Press con Leggo, nel 2006 arriva la storica testata del Gazzettino.

NO AL PALAZZONE - Ma avevamo iniziato parlando di Nicola Zingaretti. Il Messaggero nemmeno un mese fa, prima che la Pisana crollasse definitivamente, prima che l'impegno di Zingaretti virasse sulla Regione, aveva iniziato una furiosa campagna di stampa contro l'occupante della provincia, e aveva iniziato a fargli, letteralmente, le pulci. Il tutto perché la Provincia, dando seguito ad un impegno, in effetti, preso dalla precedente amministrazione, ha deciso di dare gas all'acquisto di una struttura da 260 milioni all'Eur per trasferire gli uffici di un ente che, a ben vedere, è stato soppresso dalla spending review del presidente Monti. La provincia, come si sa, si trasformerà in città metropolitana romana. Il Fatto Quotidianospiegava egregiamente perché Caltagirone avesse iniziato, dalle colonne del Messaggero e di Leggo, a sparare a cannone spianato contro le scelte di Zingaretti.

Il fatto è che il progetto assegna la costruzione al gruppo Parnasi, colosso dell'edilizia locale e concorrente di Caltagirone. Zingaretti, stretto tra i due contendenti, tace. Ha parlato un anno fa spiegando che unificare gli uffici è un servizio alla cittadinanza e un risparmio. Perché dei 263 milioni spesi per l'acquisto, ne torneranno indietro almeno 228: questa è la cifra cui si obbliga la società di gestione che dovrà vendere 12 immobili della Provincia. In più, l'a c c o r p amento eviterà costi vivi per affitti e manutenzioni di palazzi pregiati: 5 milioni di euro l'anno risparmiati. Ad esempio, la sede di via Sant'Eufemia costava un milione e duecentomila euro l'anno, e il proprietario era proprio Caltagirone: contratto annullato.

Ops.

A ROMA - Caltagirone non è nuovo a questo genere di polemiche. Lo si ricorda scagliarsi contro Walter Veltroni, sindaco di Roma, al tempo dell'approvazione del piano regolatore generale della capitale, una delle innovazioni salutate da molti come rivoluzionarie per una capitale che era cresciuta in maniera grandiosamente disordinata negli anni precedenti; costruita, anche, da Caltagirone. Sullo sfondo della nuova contesa con Zingaretti, anche la questione delle municipalizzate; il presidente della Provincia si è sempre espresso contro l'ipotesi, propagandata da Gianni Alemanno, di alienare parte delle quote di Ama, che raccoglie i rifiuti per la città. Caltagirone possiede già una partecipazione non indifferente in Acea, e la tentazione di arricchire questa gioielleria non era così peregrina.

L'EDITORE - Torniamo all'editoria. Nella galassia Caltagirone, i giornali sono saldamente posseduti dalla Caltagirone Editore, parte dell'universo familiare; formalmente, è controllatadalla Caltagirone SpA, la holding di famiglia e centro di snodo di una galassia di scatole cinesi, controllate e controllanti di ampia ramificazione. La maggior partecipazione nella Holding, per Francesco Gaetano arriva dalla Finanziaria Italia 2005, che può essere riportata alla sua persona solo con tre "balzi" societari; in cima, troviamo la FGC, possieduta al 100% da Caltagirone, che è un po' la sua "porta" sulle attività personali e di famiglia.

RAGNATELA - La società editrice è controllata al 18% direttamente da Caltagirone, e al 35% da una società che con altri due balzi arriva alla holding di famiglia. Alla holding fanno capo tutte le attività "dei grandi lavori, del cemento, immobiliare, finanziario e dell'editoria", scrive il sito ufficiale: Cementir, quarto produttore di cemento in Italia e primo in Scandinavia per la produzione del calcestruzzo; Vianini Lavori, attiva a livello mondiale nell'ingegneria civile, una delle prime aziende che Caltagirone ha acquistato quando, negli anni '70, ha ripreso l'attività di famiglia che si era interrotta con la morte del padre, facendo società con fratelli e cugini; Vianini Industria: tubi, piloni, prodotti idraulici, che vende a Ferrovie dello Stato ed Enel.

A SPASSO PER LE BANCHE - La galassia editoriale di Caltagirone non si limita, comunque, ai giornali: c'è la Piemme, concessionaria di pubblicità per i giornali e i siti internet del gruppo; e Caltanet, portale internet di grandezza e storia non secondarie in Italia. In società con Caltagirone, nella maggior parte delle sue attività, c'è il fratello Edoardo, anche lui editore di televisioni locali romane importantissime, fra cui Teleroma 56 e T9. Si racconta che Francesco Gaetano Caltagirone sia uomo schivo e abituato a mantenere un basso profilo, sopratutto quando si tratta di investire in banche: non è certo tipo da presentarsi in filiale a chiedere finanziamenti.

COME PUNTARE ALLE CORSE - Le sue partecipazioni sono però qualificate, tanto da entrare nei salotti d'amministrazione e poter influire nelle scelte. Bnl, Monte dei Paschi di Siena, Unicredit: per Bnl Caltagirone si è però beccato una denuncia e condanna per insider trading, con conseguente interdizione perpetua dai pubblici uffici; e si sa che su Monte dei Paschi, nonostante investimenti imponenti, ha perso pesantemente e ha rinunciato a qualsiasi incarico direttivo, prima di vendere tutto e di buttarsi su Unicredit, operazione andata a buon fine e che ha portato in cassa un buon guadagno. Ora, la partita, si torna a giocare a Roma e nel Lazio, principale centro dei suoi interessi. Il candidato sostenuto dalla lobby del cemento ha sempre una marcia in più.

Caos al Messaggero

I capi reparto non riescono ad organizzare i contratti di solidarietà senza evitare gravi ripercussioni sul flusso lavorativo e dunque sulla produzione del giornale. Gli infografici fra poco verranno azzerati, eppure senza di loro molte delle tabelle e dei grafici oggi comparse sul giornale in occasione delle elezioni, oggi non ci sarebbero. Le segretarie di redazione continuano ad avere sempre più carichi di lavoro, ma sono considerate quasi inessenziali. L'archivio, il cui lavoro è stato determinante soprattutto negli ultimi mesi per le tanto decantate pagine MACRO (che fino ad adesso non hanno richiamato la pubblicità sperata), ora viene praticamente dismesso.

Anche al Messaggero regna l'ingovernabilità, per via di una scellerata organizzazione del lavoro voluta da un dirigente che non capisce nulla di quotidiani, che non li conosce e che finirà per far chiudere il giornale per cui lavoriamo.

Ma quando lo cacceranno sarà troppo tardi, e se ne andrà con una lauta buonuscita che graverà sul bilancio...che schifezza!

Comunicato spontaneo di alcuni lavoratori

Un gruppo di lavoratori ha realizzato spontaneamente un comunicato a sostegno della RSU e dei poligrafici del Messaggero.
Il Comunicato è stato scritto poco prima della firma dell'accordo che ha portato al ritiro dei licenziamenti. Per cui, alcune sue argomentazioni possono apparire superate dai fatti.

Abbiamo ricevuto questo scritto solo ieri, e pur non essendo più attuale, crediamo che la sua pubblicazione possa esser comunque proficua e che contenga comunque dei temi di riflessione pur sempre validi.


"Trattativa del 22 febbraio 2013

Il Messaggero spa

ATTACCA I LAVORATORI POLIGRAFICI VOLENDO DEI SOLDI DAGLI STESSI PER CANCELLARE GLI ESUBERI;
COME SI CHIAMA ESTORSIONE? MAZZETTA? PORCATA? PERCHE' SE PAGHIAMO NON STIAMO PIÙ' IN ESUBERO?

Il problema della vertenza attuale non è di natura economica come ci vogliono far credere, dato che un'azienda con i conti in rosso non spende i propri soldi in collaborazioni e giornalisti esterni in pensione, nuove assunzioni di giornalisti, esternalizzazioni del lavoro, sottrazione del lavoro in azienda e affidamento dello stesso ai giornalisti PREVIO PAGAMENTO, assunzioni di dirigenti etc. età...

Lo scopo è palese, ovvero è aprire una falla nello smantellamento del settore poligrafico. Ciò viene accentuato dal fatto che la proprietà risiede in FIEG (FEDERAZIONE ITALIANA EDITORI GIORNALI) e quindi mira ad avere un peso eccellente per ciò che si prefigge di raggiungere nella sua proprietà e nel futuro ambiente editoriale, volendo ovviamente, come insito in certi "personaggi" far terra bruciata anteponendo interessi di potere alla civile convivenza e quindi lasciando un velo grigio sulla veridicità dei bilanci. 

La cosa più grave e semplicemente scandalosa è sedersi al tavolo delle trattative Azienda/Rsu con un fucile in mano modello 223 (legge sui licenziamenti già presentato in Regione) che viene armato se non ci si piega alle volontà dell'azienda. 

Inutile dire che una trattativa bilanciata, e onorevole, doveva e dovrà essere condotta cancellando a priori la 223 e non subordinandola vilmente all'accordo. 

La perplessità di vedere sfumare la chiusura di un inizio di trattative per un pugno di euro è anch'essa pianificata, per incutere paura, creare spaccature, attendere una firma senza se e senza ma e perché no con qualche cosa in più OLTRE ALLE DIVERSE CENTINAIA DI EURO RICHIESTE E NON ANCORA VALUTATE IN ASSEMBLEA e comunque mettere in condizione di pensare se dovessero richiamarci al tavolo delle trattative: O PRENDERE QUESTO TRENO O... PERDERLO!

FALSO FALSO FALSO!

Cedere ad un ricatto del genere significa PAGARE PER FARSI CACCIARE VIA! Ricordiamo che il CDR de IL MESSAGGERO (COMITATO DI REDAZIONE DEI GIORNALISTI) e quindi I GIORNALISTI ci appoggiano negli scioperi perché è indiscutibile la liceità di ciò che stiamo difendendo e la veridicità di ciò che asseriamo.

Lo stesso avviene con GLI STESSI CRITERI dalle strutture sindacali CGIL CISL UIL NAZIONALI che stanno tra l'altro cercando di estendere lo sciopero su TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE. Alla nostra lotta si affiancano inoltre le strutture CUB, la RCS, uno dei maggiori gruppi editoriali italiani, il WEB in molti siti di discussione e condivisione e tanti tanti altri comprese penne autorevoli nel settore di cui farne un elenco sarebbe impensabile e che quindi RINGRAZIAMO VIVAMENTE NELLA SITUAZIONE SOLIDALE E DI CONDIVISIONE.

Gli esuberi sono ciò che hanno creato loro, gli strateghi aziendali, togliendoci il lavoro e pagando altri per farlo, come avviene per i book pagine, le foto, i grafici, le pubblicità e così via, TUTTI LAVORI STRETTAMENTE POLIGRAFICI.

Ricordiamoci e soprattutto teniamo sempre a mente che, l'azienda viene a trattare NON PERCHE' I POLIGRAFICI GLI FANNO PENA... altrimenti non sarebbe andata in Regione a chiedere di licenziarli tra pochi giorni... ma soltanto e unicamente perché sa che quei fogli in Regione SONO CARTA STRACCIA e che verranno impugnati, e il costo sarà molto più grande dell'impresa in cui si sono infilati... senza contare il danno all'immagine ed economico dovuto a SCIOPERI e quello risarcitorio dei reintegri. 

Ricordiamo che i poligrafici con meno anni di anzianità di servizio sono stati frutto di assunzioni con accordi che hanno comportato una sostanziale e proficua uscita di personale in prepensionamento dalla società permettendo precedenti attivi di bilancio; le lavorazioni sul GIORNALE LEGGO (sempre del gruppo) sono fatte GRATUITAMENTE dai poligrafici e dei cui proventi ne gode solo l'azienda e il gruppo lo stesso gruppo che chiede a chi non beneficia di nulla, i lavoratori, addirittura le spese di bilancio!

CI VOGLIAMO MUOVERE NEL RISPETTO DELLA LEGGE E DELLA GIUSTIZIA E PER QUESTO CHIEDIAMO:
• Le trattative potranno essere riprese soltanto ripetiamo SOLTANTO dopo la revoca dei licenziamenti nei tempi e modi di rito.

• L'eventuale applicabilità della legge 223 deve essere concertata con la Rsu e non come mezzo di terrore per fare le trattative.

• Gli accordi debbono essere stipulati tenendo conto che il personale è stato già coinvolto da una situazione gravosa di cds (CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ' ovvero AMMORTIZZATORI SOCIALI ovvero COSTI A CARICO DELLA SOCIETÀ' ITALIANA) nell'anno precedente. (Perplessi, tra l'altro, ci domandiamo: se il gruppo guadagna METTE IN TASCA, se perde PAGA LA COLLETTIVITÀ', così operano i colletti bianchi, facile no?).

• Che evidenti segni di ipotizzabile e discutibile cattiva gestione, non debbono essere addebitati con la scusa della crisi di settore, esuberi e scuse varie ad un gruppo di persone e non al Messaggero complessivamente.

• Che non si debba creare, come è stato fatto subdolamente, in molti reparti, le "nicchie protette" come ad esempio i "proto/protetti" che sono poligrafici "SCELTI (più propriamente.clientelari)..." che debbono a parere dell'azienda svolgere il lavoro dei poligrafici attuali che realizzano le pagine del quotidiano, sovvertendo il CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DEI LAVORATORI (CCNL) proteggendoli artificiosamente e creando situazioni di inevitabile conflittualità.

• Il piano di recupero o risanamento aziendale deve coinvolgere TUTTI I COSTITUENTI LA SOCIETÀ' NEL MEDESIMO ACCORDO, ovvero PROPRIETÀ', DIRIGENTI, POLIGRAFICI, GIORNALISTI perché il bilancio negativo non lo ha fatto la tipografìa o l'archivio o chichessia ma viene dall'operato de IL MESSAGGERO Spa fatto da tutti i lavoratori e quindi deve essere, SE LECITO..., sorretto da tutti con parità di cds, o l'equivalente monetizzato e non creando le AREE PROTETTE con i giochi degli esuberi ( si ricorda a tal senso che non è entrata nuova tecnologia che ha creato esubero, tra l'altro, se fosse avvenuto, sarebbe stato da valutare nell'impatto con il lavoro e i lavoratori, invece non vi è NULLA DI RATIFICATO, ma, si è spostato il lavoro poligrafico ai giornalisti, che non è esattamente la stessa cosa e che quindi sarà argomento di discussione in REGIONE ed anche davanti ad un ARBITRATO dove verrà fatta chiarezza "CCNL ALLA MANO" sulla legittimità di esternalizzazioni, mansioni poligrafiche, percorso della legge 223, etc. etc.

Siamo fiduciosi in un rientro dell'azienda da queste prepotenze che compromettono il futuro di 20/30 poligrafici comprese ovviamente le famiglie e figli. Abbiamo portato avanti il giornale per decenni con serietà e diligenza, è stato accolto da voi lettori con delle tirature di tutto rispetto, chiediamo solidarietà, sensibilizzazione di tutto il settore, della gente e del governo per far rispettare il nostro lavoro.

I lavoratori"

Elezioni 2013, Monti fa flop: non è decisivo e “ammazza” Fini e Casini

Sei in: Il Fatto Quotidiano > Elezioni 2013 > Elezioni 2013, ...

Elezioni 2013, Monti fa flop: non è decisivo e "ammazza" Fini e Casini

Risultato sotto le aspettative per il presidente del Consiglio che ruba voti solo agli alleati e li cannibalizza. Il leader dell'Udc entra in Parlamento solo grazie a un posto in Scelta Civica in Basilicata. Ma i pochi eletti non bastano per essere la "terza gamba" della maggioranza

Elezioni 2013, Monti fa flop: non è decisivo e

Il sorriso è quello di chi cerca un premio di consolazione: "Abbiamo ottenuto un risultato soddisfacente, tre milioni di persone hanno votato per noi", dice Mario Monti a tarda sera, quando raggiunge il comitato elettorale al terzo piano di un edificio storico del centro di Roma, proprio davanti a Palazzo Chigi. "Ci stimavano un po' più alti", ammette. E anche lui ci sperava.

CONVINCERLO a parlare è stata un'impresa difficile per i suoi. Il leader di Scelta civica è rimasto chiuso per tutto il giorno nel suo appartamento da premier, godendoselo per quelle che potrebbero essere le ultime ore. Mentre nelle stanze di fronte non c'è mai stata aria di festa. Il portavoce nazionale della lista, Lelio Alfonso, è l'addetto a mantenere un basso profilo in diretta tv. Andrea Romano, candidato alla Camera in Toscana, fa training autogeno: porta con sé il libro "Keep calm and carry on, good advice for hard times", mantieni la calma e vai avanti, consigli per i tempi duri. Potrebbe averne bisogno. Dice che "il problema è la legge elettorale". Lo ribadisce anche Monti la sera: "Non esiste Paese in cui sia così marcata la sproporzione tra il risultato elettorale e la realtà per colpa di una legge che ha avuto nella letteratura e nella prassi il nome che si merita".

Una stoccata al Partito democratico. Infatti la "salita" in politica del Professore con il Porcellum è valsa solo un pugno di parlamentari. Nella lotta per la sopravvivenza il presidente del Consiglio si è rivelato un cannibale che non ha esitato un momento a fagocitare i suoi compagni di viaggio (Fli eUdc) per salvare la pelle. C'è riuscito, ma ha pagato un prezzo troppo alto per non arrivare nemmeno all'obiettivo che si era prefissato in partenza: diventare l'ago della bilancia di una futura maggioranza di governo. Non è più l'uomo della "Provvidenza europea" e dietro di lui c'è lo spettro del "rospo", Lamberto Dini, dalla Banca d'Italia al governo e poi in disgrazia, oscillante tra centro-destra e centrosinistra.

IL DIECI PER CENTO a Montecitorio (45 deputati) e il nove per cento a Palazzo Madama (una ventina di senatori) non bastano a proporsi come "terza gamba" di una qualsivoglia maggioranza. La speranza cede il passo alla realtà. Niente premiership (a meno di una grande coalizione), niente ministero dell'Economia, un miraggio il Quirinale. "Ora un governo va garantito, serve la massima trasparenza tra forze politiche e responsabilità in un momento molto grave", dice Monti, senza rivelare il piano che ha in mente. Per non farlo apparire come uno degli sconfitti, nel tardo pomeriggio Enrico BondiAndrea Riccardi e Mario Sechi attraversano la strada e lo convincono a parlare con i giornalisti. Difficile non definirlo deluso. "Non è vero, abbiamo preso il 100% in più delle scorse elezioni, non possiamo considerarla una sconfitta" ribattono i suoi al rientro dalla riunione a Palazzo Chigi, accanendosi sulle vittime di questa tornata elettorale: Gianfranco Fini ePier Ferdinando Casini, che hanno perso quasi tutto. "Per quanto ci riguarda è impossibile nascondere un risultato totalmente negativo ed è inutile recriminare – dichiara il presidente della Camera, senza nascondere il tremendo flop – per l'Italia temo che il peggio debba ancora venire". Per lui invece è già arrivato, è fuori dal Parlamento. Casini entra grazie a un posto da capolista in Basilicata dove la lista raggiunge l'8,33% ma l'Udc non tocca il 2% alla Camera dove può sperare solo in qualche seggio residuale. "Abbiamo avuto un risultato dignitoso ma al di sotto delle aspettative, abbiamo fatto i donatori di sangue" dice Casini. Vittime del cannibale, a cui però non basta lo scalpo degli alleati per realizzare il suo sogno: non traslocare.

di Caterina Perniconi

Da Il Fatto Quotidiano del 26 febbraio 2013


Casini ammette sconfitta, onore ai vincitori

Almeno di questo possiamo esser soddisfatti, è un po' poco, però...


Casini ammette sconfitta, onore ai vincitori

Finiani forse fuori Camera. Fini, risultato totalmente negativo

25 FEBBRAIO, 22:37
Casini ammette sconfitta, onore ai vincitori Casini ammette sconfitta, onore ai vincitori
Casini ammette sconfitta, onore ai vincitori

di Milena Di Mauro

ROMA - Il primo a mettere la faccia sulla cocente sconfitta di un progetto - quello di fare della Lista Monti l'ago della bilancia per la futura governabilità del Paese, meglio se con un governo delle larghe intese - è Pier Ferdinando Casini. Il leader Udc si materializza nella sede del partito a via dei Due Macelli a metà pomeriggio, quando i dati non sono ancora definitivi, ad oltre tre ore dalle prime dichiarazioni di Mario Monti (che Casini ammette di non aver neppure sentito oggi), come avesse fretta di dire le cose come stanno: "Nella vita si vince e si perde. Noi abbiamo avuto un risultato sotto le aspettative. Onore a chi ha vinto". Gianfranco Fini a tarda sera emette una laconica nota: "Per quanto ci riguarda è impossibile nascondere un risultato totalmente negativo ed è inutile recriminare. Per l'Italia temo che il peggio debba ancora venire". Per tutto il giorno però Fini era rimasto in silenzio, nell'amara consapevolezza che se alla Camera l'Udc fosse sotto al 2%, se anche la coalizione centrista superasse la soglia del 10%, Fli neppure entrerà a Montecitorio e lui stesso resterà fuori dal Parlamento. Monti pondera le parole che dovrà dire e Luca Cordero di Montezemolo é scomparso dai radar. Il leader Udc passa invece per primo da sconfitto sotto l'Arco di Costantino di queste elezioni, anche se davanti a lui non c'é un unico generale trionfante. Casini lo capisce e ammette subito il primo dei fallimenti: "non aver garantito la governabilità". Il leader dell'Udc - che comunque entra al Senato con un manipolo di fedelissimi - non aspetta neppure di capire se lo scudocrociato avrà o no rappresentanza a Montecitorio. E stoppa prima chi probabilmente gli imputerà di aver voluto a tutti i costi liste distinte da Monti alla Camera: "Guai ai politici che recriminano il giorno dopo, non mi piace chi spiega domani quello che doveva essere fatto oggi. E' chiaro che noi siamo stati donatori di sangue...".

La sorte dell'Udc, che entri o non entri in Parlamento, "é un problema personale, non degli italiani". Ciò di cui va preso atto è piuttosto che è persa la battaglia. E non deve essere facile per Casini fare 'chapeau' al Cavaliere, che aveva detto di volersi ubriacare se Udc e Fli fossero state sconfitte."Complimenti a Berlusconi - porge l'altra guancia Casini - bisogna riconoscere che ha fatto una campagna elettorale memorabile. Lo abbiamo criticato e lo criticheremo, ma come animale elettorale si conferma il numero uno". La presa d'atto non si ferma qui. Quando Casini dice "Onore a chi ha vinto" pensa anche a Grillo, verso il quale non è stato tenero per tutta la campagna elettorale. "Gli elettori hanno sempre ragione e hanno scelto così - fa retromarcia oggi -. Auguro a chi ha vinto di fare bene nell'interesse del Paese e degli elettori che lo hanno votato...". Onore anche a Pier Luigi Bersani, al quale il leader Udc mette in mano il cerino delle scelte future. "E' lui che ha vinto alla Camera - dice Casini al leader del Pd - è una persona seria e gli faccio gli auguri. L'onere della proposta spetta a chi a vinto, non a noi che abbiamo fatto una battaglia sincera, limpida e onesta in cui credevamo, ma l'abbiamo persa". Oggi è Casini a guardare in faccia la sconfitta. Domani toccherà andare più a fondo anche a Fini, che resta chiuso per tutto il giorno con i dirigenti di Futuro e Libertà, tutti sotto choc, nella sede del partito. E' più che concreta la possibilità di un fine corsa a Montecitorio - dopo esserne stato presidente - dell'uomo della svolta di Fiuggi, poi leader di An e delfino del Cavaliere nel Pdl, infine suo detrattore con il celebre 'Che fai mi cacci', e in ultimo leader di Fli e convinto sostenitore della Lista Monti, che oggi deve fare i conti con il rischio concreto che la sua destra resti fuori da Montecitorio. (ANSA)