martedì 19 febbraio 2013

CALTAGIRONE, I SOLDI SENZA LA BORSA



CALTAGIRONE, I SOLDI SENZA LA BORSA


"Francesco Gaetano Caltagirone è uno degli uomini più ricchi d'Italia. La rivista «Forbes» gli attribuisce una ricchezza di circa 2 miliardi di euro e lo piazza al 258° posto nella classifica dei Paperoni di tutto il mondo. Molti sospettano che sia in realtà molto più ricco. In ogni caso, come dicono gli esperti di finanza quando chiacchierano al bar, siamo in presenza di «soldi veri». Le società quotate rappresentano solo una parte della sua ricchezza, secondo la maggioranza degli osservatori la metà. L'altra metà è custodita nel nucleo originario delle sue attività, edilizia e immobiliare, business tenuti lontani dalle luci della ribalta.
Una volta era il più sconosciuto dei Caltagirone. Nato a Roma il 2 marzo 1943, discende da un costruttore siciliano trapiantato nella capitale, che ha dato origine a una progenie numerosa e complessa, nella quale ricorrono con insistenza due nomi: Gaetano e Francesco, come il capostipite. All'inizio i famosi della famiglia erano i tre fratelli del ramo Caltagirone Bellavista, Camillo, Gaetano e Francesco, costruttori e protagonisti di un clamoroso crac alla fine degli anni Settanta. Restano nella memoria collettiva per la frase «A Fra, che te serve?». In un'intervista a Paolo Guzzanti, pubblicata il 26 febbraio 1980 da «la Repubblica», Franco Evangelisti, storico braccio destro di Giulio Andreotti e sottosegretario alla presidenza del Consiglio negli anni della solidarietà nazionale e del caso Moro (1976-1979), raccontò che così era solito salutarlo Gaetano Caltagirone, finanziatore delle campagne elettorali della corrente andreottiana. La battuta fece epoca perché descriveva in modo inequivocabile certi rapporti tra affari e politica. In termini di immagine i Caltagirone Bellavista uscirono massacrati dalla lunga vicenda giudiziaria e dalle colorite cronache del tempo. Il cugino Francesco Gaetano rimase uno sconosciuto. L'unica cosa che si sapeva di lui era che aveva sposato Luisa Farinon, sorella di Gabriella, celebre annunciatrice televisiva negli anni del monopolio Rai.
Taciturno e riservato, Franco, come è comunemente chiamato, forse per distinguerlo da tutti i Francesco di famiglia, comincia negli anni Ottanta la lunga marcia che lo porterà a diventare uno dei più potenti personaggi del capitalismo finanziario italiano. Prima compra dallo Ior, la banca del Vaticano, l'azienda di costruzioni Vianini, piuttosto malconcia, e in pochi anni la riporta ai profìtti e poi alla Borsa, per farne una delle protagoniste del grande affare dell'Alta velocità ferroviaria. Nel 1992 rileva la Cementir, la fabbrica di cemento dell'I-ri, che oggi è l'architrave dell'impero quotato. Poi comincia a collezionare giornali: «Il Messaggero» a Roma, «Il Mattino» a Napoli, «Il Gazzettino» a Venezia, altri più piccoli come il «Corriere Adriatico» e il free press «Leggo». Franco accumula denaro e lo investe anche in operazioni finanziarie: entra nel capitale della Rcs, e ne esce nell'estate del 2005, durante il rastrellamento di azioni condotto dell'immobiliarista Stefano Ricucci, incassando un lauto guadagno; diventa azionista importante della Banca Nazionale del Lavoro, e molla tutto al momento della scalata (poi fallita) dei cosiddetti «furbetti del quartierino», guidati dal numero uno di Unipol Giovanni Consorte. Vende le sue azioni agli scalatori e intasca un guadagno di 200 milioni.
La sua holding quotata, Caltagirone Spa, controlla altre società quotate: Caltagirone Editore (i giornali), Vianini Lavori e Vianini Industria (costruzioni), Cementir. Oggi Franco Caltagirone è inoltre azionista e vicepresidente del Monte dei Paschi di Siena, azionista e consigliere d'amministrazione delle Assicurazioni Generali. Insomma, superando antiche diffidenze nordiste verso la genia romana dei «palazzinari», si è piazzato nei crocevia decisivi del potere economico. E anche nel
mondo politico ha una notorietà significativa — e non solo come suocero del leader centrista Pierferdinando Casini - e una ramificata rete di rapporti. Ma non è diventato popolare come altri grandi imprenditori e non ha perso la sua riservatezza.
Di lui in fondo si continua a sapere poco. Qualche anno fa la rivista «Prima Comunicazione», un mensile specializzato nei temi dell'editoria, gli ha dedicato un ritratto dai toni preoccupati: «Non ha molti amici, ma la cosa non gli pesa affatto. Non è mondano, non è accattivante, non sprizza simpatia al primo incontro. Al contrario, è taciturno, riservato fino alla maniacalità, molto attento alle forme (soprattutto quelle che lo riguardano). Non è uomo di cuore, ma di testa. Non è uomo di sentimenti, ma di ragionamenti. Non gli si conoscono vizi, a parte l'ira che gli scoppia improvvisa e gli dura a lungo. È uomo di rancori e di pochi amori (...). Gli altri come lui, cioè quella dozzina di persone che in Italia giocano il Monopoli vero, di lui, alla fine, hanno paura e non si fidano fino in fondo. Perché Caltagirone non vuole partecipare, vuole vincere, non vuole giocare, vuole comandare. E comandare alla sua maniera».
Il rapporto di Caltagirone con la Borsa non è predatorio e appare diverso da quello dei vari Tronchetti, Ligresti, De Benedetti e degli stessi Agnelli. Della Caltagirone Spa, la holding quotata, Franco possiede il 55 per cento e suo fratello Edoardo il 33 per cento: insieme quindi fanno 1*88 per cento, e si può dire che il 12 per cento del capitale in mano a terzi porti alla famiglia più il fastidio della trasparenza che un sostegno finanziario. I Caltagirone sono abbastanza ricchi da non dover mungere le società quotate. La loro politica dei dividendi è molto parca. Nel 2006 la Caltagirone Spa ha prodotto un utile di 276 milioni di euro, che è stato destinato quasi tutto alle riserve, cioè è rimasto nella casse della società. Bisogna tenere conto che gran parte dell'utile derivava dal guadagno straordinario fatto con la vendita delle azioni della Bnl. Agli azionisti è stato comunque distribuito un dividendo es¡guo, 8 milioni e 700mila euro. Nel 2007, con un utile tornato a livelli più normali (59 milioni di euro), il dividendo è rimasto immutato. Ammonta a circa 5 milioni di euro la parte finita nelle tasche di Franco Caltagirone, il quale, peraltro, come presidente della società e della controllata Caltagirone Editore, non riceve alcun compenso, a differenza di altri suoi colleghi imprenditori.
Diverso trattamento è riservato ai figli. In particolare il primogenito, Francesco junior, classe 1968, già top manager della Vianini a meno di trent'anni, ha guadagnato nel 2007 come presidente della Cementir 5 milioni e 155mila euro. In cinque anni, dal 2003, i dividendi distribuiti dalla società cementiera sono grosso modo raddoppiati. I profìtti del gruppo sono anch'essi più che raddoppiati, da 60 a 140 milioni di euro. Lo stipendio di Francesco junior, che nel 2003 aveva percepito un milione e 495mila euro, è cresciuto di tre volte e mezza. Il presidente della Cementir non prende una lira di stipendio o di compenso fisso. Gli oltre 5 milioni incassati, che corrispondono a un quarto dei dividendi distribuiti agli azionisti, sono registrati nel bilancio sotto la voce «bonus e altri incentivi». Gli altri due manager di punta del gruppo Cementir, Mario Ciliberto e Riccardo Nicolini, più anziani ed esperti del quarantenne junior, hanno percepito nel 2007 emolumenti più contenuti, rispettivamente un milione e mezzo e 722mila euro.
Più spartano il trattamento economico di Azzurra Caltagirone, la figlia più giovane di Franco, che guida le attività editoriali. Nel 2007, come vice presidente della Caltagirone Editore, ha guadagnato 548mila euro, meno della metà del manager di punta, Albino Majore, che ha preso un milione e 296mila euro. Colpisce, nel caso di Azzurra, l'impetuosa progressione: in un anno complicato, caratterizzato dall'inizio di una gravidanza (il 4 aprile 2008 ha avuto un bambino, che e stato chiamato naturalmente Francesco) e dai preparativi per le nozze con Pierferdinando Casini celebrate a Siena il 27 ot-tobre 2007, è riuscita ugualmente a meritarsi un aumento di retribuzione del 66 per cento, visto che nel 2006 aveva preso solo 329mila euro. Una vera galoppata: nel 2004 il suo stipendio era partito da 99mila euro. In quattro anni ha moltiplicato di oltre cinque volte i suoi compensi.
Da quanto si legge nei bilanci è invece spartanissimo il trattamento riservato ad Alessandro Caltagirone, un anno meno di Francesco junior, presidente della Vianini Industria, che in quattro anni ha ottenuto solo un mediocre avanzamento da 170mila euro ai 182mila del 2007. Una crescita da operaio metalmeccanico."

( da LA PAGA DEI PADRONI, di Gianni Dragoni, Giorgio Meletti, ed. CHIARELETTERE, 2008 - pp. 165-169)

Nessun commento:

Posta un commento