domenica 24 febbraio 2013

PRETI & PALAZZINARI TORNA LA GRANDE ROMA: l'artcolo di Repubblica del 1997 e la querela del Messaggero

Nel 1997 Il Messaggero querela il quotidiano la Repubblica, come ci informa questo articolo del Corriere della Sera:

CDR SOLIDALE CON IL DIRETTORE CALABRESE

Il Messaggero querela la Repubblica

----------------------------------------------------------------- CDR SOLIDALE CON IL DIRETTORE CALABRESE Il Messaggero querela la Repubblica MILANO - Il Messaggero querela la Repubblica. Il direttore Pietro Calabrese ha reso noto di aver dato incarico all'avvocato Paolo Severino, "al fine di tutelare in sede civile e penale la sua reputazione gravemente lesa dall'articolo a firma Riccardo Luna, apparso su la Repubblica" di ieri, "di querelare sia l'autore dello scritto sia il direttore responsabile del quotidiano Ezio Mauro dando ai querelati ampia facolta' di prova". Nell'articolo oggetto della querela, legato all'inchiesta di Perugia, l'autore dopo aver ricostruito i vari passaggi che hanno portato Franco Caltagirone all'editoria fino all'acquisto del Messaggero, si soffermava sulla nomina a direttore di Pietro Calabrese. Immediata anche la reazione del Comitato di redazione del Messaggero; in un comunicato ha affermato che "l'inchiesta della magistratura di Perugia sulla cosiddetta "Tangentopoli romana" ha fornito il pretesto ad un giornale concorrente, la Repubblica, per avviare una campagna diffamatoria - basata su elementi inesistenti - nei confronti del Messaggero". Sempre ieri, il segretario della Fnsi, Paolo Serventi Longhi, si e' detto preoccupato delle ripercussioni dell'inchiesta sulle "redazioni del Messaggero e del Tempo, che hanno garantito e garantiscono in una situazione difficile un'informazione corretta". Per Serventi Longhi "sarebbe utile un intervento chiarificatore del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l'editoria professor Parisi e del garante Casavola".


Pagina 2
(11 agosto 1997) - Corriere della Sera


L'articolo di Repubblica incriminato era questo, non sappiamo l'esito della querela:

PRETI & PALAZZINARI TORNA LA GRANDE ROMA

ROMA - Adesso che c' è in ballo anche la banca del Vaticano, lo Ior, è chiaro che la vicenda su cui indagano i magistrati di Perugia è la solita storia di preti & palazzinari. Un monopoli infinito in cui cambiano i nomi e gli affari, ma le caselle su cui si passa sono sempre le stesse: il Politico, il Giudice e il Finanziere. Con la benevolenza di 'ambienti' vaticani, l' appoggio dei quotidiani cittadini e i denari dei Re del Mattone, vero motore dello sviluppo di Roma. Stavolta in più ci sono tre cose: l' abitudine di alcuni insospettabili, di vedersi, la sera, in un centro per massaggi 'a luci rosse' dei Parioli; il ruolo chiave assunto dall' editoria; e sullo sfondo gli appalti di Giubileo ed Olimpiadi e la raffica di lottizzazioni che domani il consiglio comunale deve approvare riaprendo cantieri per sei milioni di metri cubi, ("è 'n' affare da 15 mila miliardi" calcola Pietro Mezzaroma, er Texano, nella doppia veste di proprietario delle aree edificabili e condannato per corruzione del pm Antonino Vinci in uno dei filoni dell' inchiesta).
La solita storia di preti e palazzinari, quindi. Basta cambiare i nomi. Non lo chiamavano forse "il marchese di Dio" la buon' anima di Alessandro Gerini che col pretesto di una chiesa regalata al 'Don Bosco' , all' inizio degli anni '50, si fece urbanizzare gratis dal Comune la zona della Tuscolana dove possedeva ettari di terreni? E non era il riferimento del Vaticano in Campidoglio quel Salvatore Rebecchini, sindaco dc di Roma che diede via libera ai 100 mila metri cubi dell' hotel Hilton a Monte Mario? Tra l' altro, nel caso di Rebecchini, non serve neanche cambiar nomi, visto che Gaetano è l' attuale 'ambasciatore' di An Oltrevetere ed è stato lui l' inventore della candidatura a sindaco di Pierluigi Borghini. E poi ci sono i palazzinari ("ma chiamateci costruttori, una buona volta!"). Oggi gli occhi sono puntati su Domenico Bonifaci, Pietro Mezzaroma e Francesco Gaetano Caltagirone (detto 'Franco' ). Ma la verità è che i Caltagirone non finiscono mai. Negli anni '70, quando imperversavano pirati del mattone come Genghini e Armellini (quest' ultimo ebbe l' onta di vedersi abbattuta una palazzina abusiva dall' allora assessore Publio Fiori), i padroni di Roma erano Franco, Gaetano e Camillo, cugini dell' attuale editore del Messaggero. E' in quegli anni che, lontano dalla ribalta, fanno fortuna Pietro Mezzaroma e Domenico Bonifaci. I due hanno storie parallele: partono poverissimi e con un grado di istruzione appena elementare, ma hanno fiuto e voglia di lavorare. Investono i primi guadagni in terreni, costruiscono, rivendono e ricominciano. Il gioco funziona fino agli anni '80 quando il mercato privato si satura. Loro capiscono che devono rivolgersi ai politici e nascono così i 'palazzi d' oro' : il Costruttore tira su edifici che rivende agli enti previdenziali (controllati dai maggiori partiti), a prezzi gonfiati, e la differenza la gira - grato - ai Politici. Allora in Italia comandava il Caf, a Roma lo squalo dc Vittorio Sbardella e il Messaggero era della Montedison. Solo ora si capisce che le tre cose erano in qualche modo collegate. Non sorprende, quindi, oggi, che un costruttore romano, Bonifaci appunto, venga incaricato di preparare la 'provvista' della maxi tangente Enimont e che per tramutarla in Cct puliti si rivolga al Vaticano, allo Ior. Per la città, oltre ai Mondiali di calcio, il vero affare era la metropolitana e qui spunta fuori l' altro Caltagirone, il cugino, 'Franco' . Investe in Paese Sera e acquista il settimanale Il Sabato e con poche lire fa felici in un colpo solo comunisti e sbardelliani. Morale: la metro è sua (ma i due giornali chiuderanno poco dopo). Nel 1995 'Franco' ha un altro problema: piazzare il palazzone costruito alla Magliana che doveva diventare la sede del ministero della Sanità. Contro quel 'mostro' i verdi di Rutelli si erano battuti fieramente. Invano. Insomma, Caltagirone compra il Tempo, il quotidiano dei costruttori e della nobiltà nera che per qualche mese in cronaca ospita addirittura una rubrica del vice sindaco, il pidiessino Walter Tocci. Com' è, come non è, di quel palazzone non parla più nessuno e invece di essere abbattuto, dal 1 luglio ospita la direzione generale della Telecom.
Per Caltagirone è un bel guadagno: "Con quei soldi ha comprato Il Messaggero per 356 miliardi", dice oggi un amico offendendo però la leggendaria liquidità di 'Franco' . Il Messaggero adesso è al centro dell' inchiesta perugina. Lì per lì tutti si chiedono: perché Caltagirone se l' è comprato? E si rispondono: per gli appalti. Non tanto quelli del Giubileo (delle grandi opere resta solo il Sottopasso di Castel Sant' Angelo), ma per la nuova linea della metropolitana e il villaggio olimpico da costruire a Tor Vergata, su terreni il cui valore è destinato a moltiplicarsi. "Lo faccio per passione per l' editoria", giura invece l' imprenditore. Che, per non sbagliare, nomina alla direzione del Messaggero Pietro Calabrese, prelevandolo da Roma 2004 dove Rutelli lo aveva mandato, e vende Il Tempo a Domenico Bonifaci, con il quale ha in comune un commercialista di grido: Sergio Melpignano, il faccendiere. Secondo i pm perugini è Melpignano ad inventare l' acquisto del Tempo con i soldi del Tempo. "Una roba da bancarotta", ripete Bonifaci nelle intercettazioni ambientali. I Faccendieri sono strategici, perché per far funzionare il sistema senza intoppi, occorre oliare i meccanismi: giudici e finanzieri. "Mio fratello Pietro comprava tutti", disse un anno fa a Repubblica Gianni Mezzaroma dopo una lite, appunto, fratricida. I pm di Perugia per ora sono riusciti a dimostrare solo che 'il Texano' ristrutturò gratis due appartamenti al pm che indagava su di lui (e che lo assolse). In quel caso il 'lavoro sporco' lo fece un certo Edoardo Marotta. Per intenderci, Melpignano è su un altro livello: anche se nelle occasioni mondane Sergio non lo incontravi mai. In compenso è più di una leggenda il fatto che alcuni 'vertici' dei protagonisti della lobby con ufficiali della Guardia di Finanza si svolgessero in un rinomato beauty center dei Parioli dove per mezzo milione, si poteva provare anche la "polvere di stelle": un body massage bendato dal finale a sorpresa. E' finita? Non ancora. Il più abile di questi mediatori, l' agente di cambio Giancarlo Rossi, che stava prima con Sbardella, poi con Previti e che 'ospitò' su un suo conto svizzero parte dei finanziamenti illeciti alla Dc romana, qualche giorno fa all' Argentario ha dato una festa hollywoodiana col costruttore Gastone Di Stefano. Perchè le inchieste passano, ma la storia, questa storia di preti e palazzinari, non finisce mai.

Riccardo Luna10 agosto 1997 4 sez.


Nessun commento:

Posta un commento