Dopo 130 anni di carriera, la tipografia de il Messaggero di Roma chiude. 33 licenziamenti. Solo 45 giorni per bloccarli. Ecco la nostra storia. Seguiteci anche su Facebook cliccando su link di seguito http://www.facebook.com/pages/Gli-esuberi-del-Tritone/322052357895818 Sosteneteci anche su Twitter https://twitter.com/TritoneLicenzia - @TritoneLicenzia
giovedì 20 giugno 2013
Pagina Facebook esuberi Corriere Adriatico
Sostenete e fate sostenere con un "Mi piace" la pagina Facebook dei poligrafici del Corriere Adriatico che lottano contro i licenziamenti e visitate il loro blog.
A PROPOSITO DI NOI…
http://noesuberiviaberti.wordpress.com/2013/06/14/a-proposito-di-noi/
A PROPOSITO DI NOI…
Ora vi raccontiamo la storia delle vicende accadute e che stanno accadendo all'interno del giornale in via Berti ad Ancona.
Siamo un gruppo di poligrafici che si occupano del giornale da circa 25 anni con alti e bassi come in tutti i posti di lavoro.
Due anni dopo una riforma grafica (nuovo progetto grafico del giornale) con l'impegno di tutte le forze poligrafiche disponibili, e la nostra collaborazione per l'esternalizzazione della stampa, l'azienda ha presentato un piano di ristrutturazione individuando esuberi quantificati in 6 unità, di cui 5 in prestampa e 1 in diffusione.
Premettiamo che precedentemente c'erano stati altri piani di ristrutturazione, in genere uno ogni 2 anni.
Dopo una faticosa trattativa, nel 2011 si è arrivati all'attuazione di un contratto di solidarietà della durata di due anni con l'accordo di un rinnovo dello stesso di altri due anni, per dare la possibilità di andare in prepensionamento alle "persone" (non unità!) considerate eccedenti. Sottolineiamo che questi esuberi sono stati individuati dall'azienda in base alla loro anzianità professionali in quanto pensionabili e non per effettive esigenze produttive.
Nel frattempo, un dipendente è stato licenziato per motivi che non stiamo ora ad elencare, ed attualmente l'organico nell'area prestampa, diffusione ed amministrazione è composto da un totale di 22 lavoratori che hanno dai 40 ai 55 anni.
Per dimostrare la buona volontà dei poligrafici c'è da considerare che, oltre alla partecipazione attiva alla suddetta riforma grafica, è stato elaborato un flusso di lavoro degli infografici con programmi dedicati, su iniziativa di alcuni, per far risparmiare l'azienda e quindi far lavorare le persone all'interno piuttosto che servirsi totalmente da aziende esterne.
Nel nuovo piano di ristrutturazione aziendale del 2013, è previsto l'esubero di 13 lavoratori nei reparti di preparazione, diffusione ed amministrazione.
Sinceramente ci chiediamo se effettivamente la crisi ha una responsabilità nella situazione in cui ci troviamo oppure se c'è la volontà di far pagare solamente ai lavoratori le scelte aziendali sbagliate che hanno causato perdita di copie e carichi pubblicitari, annullando "uno ad uno" i punti di forza che caratterizzavano questo giornale, come la conoscenza del territorio, le pagine sugli sport minori, le agevolazioni per i pensionati, il controllo della rete di vendita, la capillarità nel territorio ed altro ancora.
Il quotidiano è l'unica testata delle Marche con più di 150 anni di storia e dunque uno dei più antichi giornali d'Italia: un patrimonio in gran parte disperso e poco valorizzato.
L'azienda infatti, due anni fa ha iniziato un percorso che prevedeva la digitalizzazione dell'archivio della testata che va dal 1860 a oggi, in quanto prezioso elemento storico e culturale a livello regionale e nazionale, come testimoniato da richieste quotidiane da parte di storici per poterlo visionare. Ad oggi in progetto non è stato realizzato.
In occasione del 150°anniversario della testata, tutti i lavoratori hanno partecipato attivamente senza mai tirarsi indietro alla realizzazione dell'evento e alla creazione di un museo tematico sulla storia del quotidiano delle Marche.
Ciò che rende più difficile da accettare questa situazione è che da alcuni giorni in via Berti si sta verificando uno strano fenomeno:
con una trattativa sindacale in essere in cui si prevedono 13 esuberi, come stabilito dalla procedura di mobilità già attivata, quasi tutte le lavorazioni di competenza dei poligrafici, che fino ad un mese fa venivano eseguite dagli stessi, ora sono passate alla redazione. Le lavorazioni come infografici, master, carico pagine ed altre cose sono eseguite dai redattori, in barba allo stato di agitazione proclamato, quasi come fatto ad arte per dimostrare che alcune figure professionali non sono necessarie e prepararsi in posizione di vantaggio alla trattativa.
Vogliamo infine ricordare che il lavoro del poligrafico richiede una dedizione ed un impegno non comune, in quanto il quotidiano esce nelle edicole tutti i giorni e richiede una presenza notturna comprese anche molte festività.
Di questo se ne dovrà tenere pur conto.
Aggiungiamo infine una nota polemico-filosofica:
per certe persone "ir" responsabili è più importante la vita delle "macchine" che delle persone, a discapito della qualità, in un organo di informazione che dovrebbe essere fatto "dalla gente per la gente".
No Esuberi a Via Berti (Corriere Adriatico)
http://noesuberiviaberti.wordpress.com/
sabato 1 giugno 2013
Corriere Adriatico: mobilità per 13 poligrafici
ANCONA – Stato di agitazione dei lavoratori poligrafici del Corriere Adriatico, dopo che la Società Corriere Adriatico ha comunicato alla Rsa e alle organizzazioni territoriali "l'attivazione della procedura di mobilità per il licenziamento di 13 lavoratori poligrafici, su un organico totale di 22 unità, coinvolgendo tutte le aree di produzione, amministrazione e diffusione".
Lo rende noto un comunicato delle segreterie territoriali di Fistel-Cisl e Slc-Cgil.
'"Oggi – si legge nella nota – si è svolta l'assemblea dei lavoratori poligrafici, che, vista la gravità delle decisioni adottate, senza precedenti in questo gruppo editoriale, respinge tale procedura e denuncia l'atteggiamento dell'azienda soprattutto in assenza di un piano di rilancio e di sviluppo della testata".
I sindacati hanno richiesto "l'attivazione immediata di un confronto nazionale in sede Fieg per trovare misure non traumatiche a livello occupazionale. Inoltre le maestranze hanno dato mandato alle rappresentanze sindacali di dare visibilità alla vertenza coinvolgendo le istituzioni locali e regionali". (Ansa)
sabato 27 aprile 2013
IL MESSAGGERO DENUNCIA INTIMIDAZIONI, MA A NOI RISULTANO DELLE TESTIMONIANZE INCONGRUENTI. TUTTAVIA SOLIDARIZZIAMO
Intanto siamo in 4.666, che non è poco, e sembra che non stiate accennando a diminuire, quindi siamo più che contenti.
Sapete di che parliamo oggi? Di un curioso articolo, uscito il giorno 25 aprile 2013, sulla prima pagina del Messaggero, e firmato da un certo signor Asterisco (o meglio * come risulta dalla firma in calce).
Questo articolo parla di due episodi che sarebbero avvenuti tra sabato 20 e giovedì 25 aprile: due manifestazioni che avrebbero avuto i toni dell'intimidazione, due episodi che, come scrive il signor "Asterisco", " solo "un'incosciente leggerezza derubricherebbe come goliardia e folklore".
La notizia ha fatto molto scalpore, e non si sono fatti attendere gli attestati di solidarietà : dal segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio Claudio Di Berardino, al presidente della Camera di Commercio di Roma Giancarlo Cremonesi, a diversi esponenti politici: da Paolo Gentiloni (Pd) all'ex sindaco Walter Veltroni, all'attuale primo cittadino Gianni Alemanno, che ha definito in una nota gli episodi "un fatto grave e inaccettabile". "La libertà di stampa va difesa e mai offesa, perché è un diritto inalienabile che ogni paese democratico, moderno e civile ha il dovere di assicurare", ha scritto invece il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti. (sarebbe stato bello che tutti questi signori avessero espresso solidarietà anche ai lavoratori del Messaggero minacciati dai licenziamenti, ma sì sa i politici - e i sindacalisti - talvolta sono un po' distratti).
Per dirla con il Marco Antonio del Giulio Cesare di Shakespeare, "Grave colpa se ciò fosse vero", cioè, se indubbiamente queste contestazioni ci sono state, e se hanno avuto i toni intimidatori denunciati, sono da condannare senza appello e senza giustificazioni.
Non abbiamo certo noi motivo di dubitare della parola dei cronisti del Messaggero.
Ma...e sì perché signori, a noi risulta un ma. Non possiamo dire niente circa la manifestazione di sabato (né di quella davanti l'abitazione di Caltagirone), ma ricordiamo solo che in quei giorni erano in atto le manifestazioni di contestazione sulla elezione del nuovo capo dello stato. Ci risulta, come poi si è ripetuto in seguito, che le manifestazioni siano continuate percorrendo diverse strade di Roma, e quindi anche via del Tritone.
La domanda è: sicuro che il corteo in questione non era questo e, tra questa gente, c'é stato qualcuno che magari ha gridato qualche sciocco e irresponsabile slogan contro il Messaggero e i Caltagirone? Perché dalle agenzie non risultano altre mobilitazioni se non quelle appunto in occasione dell'elezione del Capo dello Stato.
Ripetiamo, non stiamo mettendo in dubbio quello che è stato dichiarato, stiamo solo chiedendo chiarimenti ai cronisti del Messaggero: sicuro che si è trattato di un'azione organizzata esclusivamente contro Caltagirone e connotata da gravi toni intimidatori? I Caltagirone, e i cronisti del Messaggero hanno proceduto a denuncia contro ignoti? Perché se ciò che dichiarano è vero - e lo è di certo - consigliamo loro di farlo.
Ma le nostre sono solo supposizioni: noi non eravamo presenti e non possiamo sapere, dunque rinnoviamo anche noi solidarietà ai giornalisti della nota testata romana, contro le minacce.
Ci risulta tuttavia, per dovere di cronaca, una incongruenza con quanto dichiarato dai cronisti e dal signor Asterisco, e che riguarda la contestazione del 24 aprile:
Alcuni testimoni da noi contattati, che si trovavano a passare in via del Tritone, il giorno 24 aprile nell'ora in cui si presume siano avvenute le contestazioni, affermano di aver visto un piccolo gruppo di protesta, ma che apparteneva ai comitati contro la privatizzazione dell'acqua, non a quelli a favore dell'occupazione delle case (come qualcuno avrebbe affermato), e che non avrebbero usato affatto toni minacciosi o inquietanti: avrebbero solo cantato degli slogan contro Caltagirone, ma assolutamente innocui, accompagnandosi con chitarre. Il tutto sarebbe durato un quarto d'ora massimo.
La domanda è: stiamo parlando della stessa manifestazione? C'é stato un episodio successivo più grave? I nostri testimoni si sbagliano o mentono per qualche interesse?
I dubbi ci sono e ci piacerebbe sottoporli al signor Asterisco. Perché se è grave e imperdonabile intimidire con parole inaccettabili, sarebbe ugualmente grave se qualcuno distorcesse la realtà dei fatti, presentando una eventuale contestazione pacifica come un atto quasi criminale di minaccia.
Sicuramente ci si riferisce ad episodi diversi, e certamente i cronisti del Messaggero hanno ricevuto davvero le intimidazioni denunciate.
Ma, nel nostro piccolo, invitiamo i giornalisti a riferire in futuro su fatti simili, in maniera meno vaga, e con più dovizia di particolari (d'altronde è la regola di base di ogni buon giornalismo), per evitare che, eventuali testimonianze discordanti (in questo caso forse inattendibili) possano far venire dubbi sulla veridicità di quanto dichiarato, anche perché è difficile pensare che un cronista che lavori per un editore contestato, sia totalmente esente da condizionamenti; e dunque è suo dovere mostrare con assoluta inoppugnabilità ciò che afferma.
Quanto ad eventuali gruppi di futuri contestatori, vogliamo loro dire che la contestazione è certo legittima, purché non sfoci nella violenza verbale o peggio, e dunque li invitiamo ad isolare e neutralizzare gli infiltrati facinorosi.
E, in ultimo, ai contestatori chiediamo di filmare sempre i loro cortei o flash mob (oggi tutti hanno un telefonino che permette di fare ciò), al fine di chiarire inoppugnabilmente come si possano conciliare eventuali dichiarazioni su manifestazioni dal tono violento e testimonianze di gente comune che non risultano compatibili con quelle stesse affermazioni.
Un saluto.
mercoledì 20 marzo 2013
lunedì 18 marzo 2013
Anche Caltagirone qualche volta piange
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giovedì 14 marzo 2013
Editoria, profondo rosso per Caltagirone: passivo di 60 milioni nel 2012
Editoria, profondo rosso per Caltagirone: passivo di 60 milioni nel 2012
Il gruppo che possiede Il Messaggero e Il Mattino ha fatto registrare un risultato netto negativo per 60,9 milioni. Fosche anche le prospettive per il futuro: "Il settore resta caratterizzato da una forte incertezza legata soprattutto all'andamento del mercato pubblicitario"
Brutte notizie per il gruppo Caltagirone. Dopo le polemiche che hanno investito il patron Francesco Gaetano Caltagirone legati ai suoi interessi in Puglia e Campania, arrivano i conti relativi al 2012 del comparto editoria, che pubblica, tra gli altri, Il Messaggero e Il Mattino. Il gruppo Caltagirone Editore ha chiuso l'anno passato con un risultato netto negativo di 60,9 milioni, rispetto al passivo di 30 milioni fatto registrare nel 2011. Il cda dell'azienda ha deciso di conseguenza di non procedere alla distribuzione dei dividendi. "L'ulteriore peggioramento del quadro economico generale – ha commentato l'azienda -, caratterizzato da una dinamica recessiva e da notevoli incertezze sulle prospettive della crisi in atto, ha avuto riflessi particolarmente negativi sul settore editoriale. Anche il gruppo Caltagirone Editore ha risentito di tale scenario registrando risultati in flessione su tutte le principali voci del conto economico".
L'azienda non si è sbilanciata sulle prospettive future, ma ha voluto evidenziare il fatto che "il settore resta caratterizzato da una forte incertezza". Di conseguenza il gruppo "proseguirà la rigorosa politica di controllo dei costi attuata". I ricavi del comparto, pari a 195,5 milioni (nel 2011 era stati 226), hanno risentito prevalentemente della contrazione del fatturato pubblicitario. La raccolta "sui quotidiani del gruppo è diminuita del 18,9%", sottolinea l'azienda, mentre "la riduzione della raccolta pubblicitaria sui quotidiani a pagamento del gruppo rispetto al 2011 si è attestata al 15,5%".
In controtendenza si segnala la crescita della raccolta pubblicitaria sui siti Internet delle testate del gruppo con un +37,1% rispetto al precedente esercizio. Per rafforzare la propria posizione nel mercato multimediale il gruppo ha da tempo annunciato di aver aderito, con altre testate italiane, al progetto Edicola Italiana, che dovrebbe costituire il principale servizio nazionale di accesso a contenuti editoriali digitali a pagamento. I ricavi dalla vendita dei quotidiani, invece, "hanno registrato una flessione del 4,9% rispetto all'esercizio 2011″, in uno scenario che – ricorda l'azienda – "continua a caratterizzarsi negativamente per tutte le testate quotidiane".
Il giornalista con la password dei poligrafici
STORIE DI ORDINARIA FOLLIA AL MESSAGGERO
Siamo arrivati al punto che hanno ridotto il numero di copie gratuite disponibili per i dipendenti. Qualche hanno fa hanno cancellato l'invio della copia a domicilio, risparmiando una miseria. Oggi, chi arriva al giornale al turno delle cinque, trova in area di preparazione solo le copie della provincia, e inzia dunque la caccia a quelle con la cronaca di Roma. Come a dire i risparmi di Maria Calzetta...
Sono giorni che i capi redattori centrali sono smarriti dal nuovo divieto di utilizzare il telefono per comunicare con l'operatore di prima pagina, e chiedono "clandestinamente" che il permesso gli venga concesso. Troppo comodo! Per la proprietà l'operatore di Prima pagina non esiste più, e ciò comporta per lei un esubero (in realtà un mezzo esubero, ma siamo sempre ai risparmi di Maria Calzetta), e io dovrei continuare a fare un lavoro di nascosto? Un lavoro che l'azienda non mi riconosce più e per il quale è pronta a licenziarmi o mettermi in cassa integrazione? Ed io lo dovrei continuare a fare?
L'archivio è oggetto di un sabotaggio continuo: si danno precise istruzione ai giornalisti di non servirsene. Perché in questa azienda non si premia chi lavora e lavora tanto e bene. L'efficienza lavorativa non è per loro sinonimo di crescita, ma contrasta alla loro politica montiana di taglio e di risparmio, quella che dovrebbe portare il giornale (e doveva portare il paese) fuori dalla palude, e invece riesce solo a far salire il livello del fango.
Il direttore nuovo segue tutti i diktat dell'azienda: se domani gli verrà detto di prendere una tanica di benzina e un fiammifero e di dare fuoco al palazzo, lui non ci penserà due volte.
Ieri un giornalista si è lamentato perché ha saputo che ci sarà solo un infografico operativo oggi. Si lamentava con noi, come se fosse colpa nostra. Gli è stato risposto che non siamo stati noi a volere esuberi spropositati, non siamo stati noi a dichiarare l'infografico inutile e dannoso. Che ci rivolgesse a Zanardi e Biella per ogni protesta. Ma quello invece continuava a lamentarsi con noi.
Ieri al reparto Macro, non c'era neanche un operatore: chi era di riposo e chi di solidarietà. Ma il macro non doveva essere il fiore all'occhiello del giornale?
Abbiamo speso un sacco di soldi per far rifare il progetto grafico del giornale: risultato? Non piace e lo stiamo rismontando e rifacendo da capo. E i soldi buttati per farlo? Nel bilancio ovviamente: tanto paga Pantalone! (cioé noi)
In anni di Messaggero, non abbiamo mai avuto bisogno di un Direttore Generale: ora, in tempi di crisi, ne abbiamo preso uno che di certo non costa 1.000 euro al mese. Ma il problema sono gli stipendi dei poligrafici, mica il suo.
Forse i nuovi dirigenti sono tutti agenti segreti della concorrenza, che ne so, Repubblica, RCS, Il Tempo, la Stampa, i quali hanno deciso di distruggere il primo giornale di Roma. Deve per forza essere questa la loro missione segreta, perché la rovina del giornale è l'unica cosa che gli sta riuscendo davvero bene. Ma bene, bene, bene...
(Ecco cosa succede a drogarsi con la Tachipirina: ti si obnubila il cervello. E poi dicono che sono le droghe pesanti quelle che fanno male...)
STORIE DI ORDINARIA FOLLIA AL MESSAGGERO
Siamo arrivati al punto che hanno ridotto il numero di copie gratuite disponibili per i dipendenti. Qualche hanno fa hanno cancellato l'invio della copia a domicilio, risparmiando una miseria. Oggi, chi arriva al giornale al turno delle cinque, trova in area di preparazione solo le copie della provincia, e inzia dunque la caccia a quelle con la cronaca di Roma. Come a dire i risparmi di Maria Calzetta...
Sono giorni che i capi redattori centrali sono smarriti dal nuovo divieto di utilizzare il telefono per comunicare con l'operatore di prima pagina, e chiedono "clandestinamente" che il permesso gli venga concesso. Troppo comodo! Per la proprietà l'operatore di Prima pagina non esiste più, e ciò comporta per lei un esubero (in realtà un mezzo esubero, ma siamo sempre ai risparmi di Maria Calzetta), e io dovrei continuare a fare un lavoro di nascosto? Un lavoro che l'azienda non mi riconosce più e per il quale è pronta a licenziarmi o mettermi in cassa integrazione? Ed io lo dovrei continuare a fare?
L'archivio è oggetto di un sabotaggio continuo: si danno precise istruzione ai giornalisti di non servirsene. Perché in questa azienda non si premia chi lavora e lavora tanto e bene. L'efficienza lavorativa non è per loro sinonimo di crescita, ma contrasta alla loro politica montiana di taglio e di risparmio, quella che dovrebbe portare il giornale (e doveva portare il paese) fuori dalla palude, e invece riesce solo a far salire il livello del fango.
Il direttore nuovo segue tutti i diktat dell'azienda: se domani gli verrà detto di prendere una tanica di benzina e un fiammifero e di dare fuoco al palazzo, lui non ci penserà due volte.
Ieri un giornalista si è lamentato perché ha saputo che ci sarà solo un infografico operativo oggi. Si lamentava con noi, come se fosse colpa nostra. Gli è stato risposto che non siamo stati noi a volere esuberi spropositati, non siamo stati noi a dichiarare l'infografico inutile e dannoso. Che ci rivolgesse a Zanardi e Biella per ogni protesta. Ma quello invece continuava a lamentarsi con noi.
Ieri al reparto Macro, non c'era neanche un operatore: chi era di riposo e chi di solidarietà. Ma il macro non doveva essere il fiore all'occhiello del giornale?
Abbiamo speso un sacco di soldi per far rifare il progetto grafico del giornale: risultato? Non piace e lo stiamo rismontando e rifacendo da capo. E i soldi buttati per farlo? Nel bilancio ovviamente: tanto paga Pantalone! (cioé noi)
In anni di Messaggero, non abbiamo mai avuto bisogno di un Direttore Generale: ora, in tempi di crisi, ne abbiamo preso uno che di certo non costa 1.000 euro al mese. Ma il problema sono gli stipendi dei poligrafici, mica il suo.
Forse i nuovi dirigenti sono tutti agenti segreti della concorrenza, che ne so, Repubblica, RCS, Il Tempo, la Stampa, i quali hanno deciso di distruggere il primo giornale di Roma. Deve per forza essere questa la loro missione segreta, perché la rovina del giornale è l'unica cosa che gli sta riuscendo davvero bene. Ma bene, bene, bene...
(Ecco cosa succede a drogarsi con la Tachipirina: ti si obnubila il cervello. E poi dicono che sono le droghe pesanti quelle che fanno male...)
mercoledì 6 marzo 2013
LA LENTA AGONIA DEL MESSAGGERO E' AL SUO PRECIPITOSO CAPITOLO FINALE.
martedì 5 marzo 2013
La nuova ricetta per uscire dalla crisi Dare più valore ai dipendenti
La nuova ricetta per uscire dalla crisi Dare più valore ai dipendenti
Usare la crisi economica come strategia di gestione del personale è una pessima idea. Il rischio: perdere talenti preziosi in tempi di ripresa economica
I datori di lavoro che contano sul fatto che con la crisi i propri dipendenti non abbiano alternative lavorative rischiano di trovarsi in serie difficoltà con la ripresa economica. Questa è la conclusione dello studio di Deloitte "How the great recession changed the talent game?". La ricerca è stata condotta su un campione di aziende di oltre 20 paesi, tra cui l'Italia e mostra come molte aziende continuano a comunicare, più o meno esplicitamente , ai propri dipendenti che devono sentirsi fortunati ad avere un lavoro in tempi di recessione economica, utilizzando strategicamente il pretesto della crisi per imporre condizioni più onerose. Una pessima scelta tattica che potrà avere ripercussioni anche pesanti con la ripresa economica. "E' una scelta miope – afferma l'Amministratore Delegato di Deloitte Consulting S.p.A., Pierluigi Brienza – perché quando l'economia si riprenderà (come sta già in parte avvenendo), queste aziende rischiano uno 'tsunami-curriculum, in cui i dipendenti con un desiderio di cambiare lavoro coglieranno nuove opportunità". I dati forniti dallo studio mostrano come tra i lavoratori intervistati circa uno su tre pensa di lasciare il proprio lavoro attuale e la metà occupa quasi interamente il proprio tempo per cercare un nuovo posto. In più crescono i costi: l'intenzione di un dipendente di cambiare lavoro crea una perdita di produttività perché il lavoratore userà gran parte del proprio tempo alla ricerca di nuovi posti di lavoro. Quindi crescono i costi e l'azienda resta sguarnita di personale professionale prezioso perché ha una profonda conoscenza della storia e delle pratiche interne della società. Quando un lavoratore lascia un'azienda, si devono valutare anche i costi impliciti: perdita di capitale intellettuale, impatto sulle relazioni con i clienti, sulla produttività, sull'esperienza, e gli investimenti in formazione e creazione delle competenze che sono stati già fatti, oltre il costo per l'assunzione di una nuova risorsa. Il costo totale di sostituzione di un singolo dipendente perso può essere fino a tre volte superiore rispetto al salario annuo dello stesso dipendente. Secondo lo studio di Deloitte sbagliano il 44% dei dirigenti pensando che il turnover volontario migliori la redditività permettendo di fare le cose con meno risorse. Chi fa questa scelta rischia di ritrovarsi senza le competenze necessarie a sfruttare i vantaggi di una economia in miglioramento. In realtà per trattenere i talenti esistono anche altri strumenti a disposizione dei datori di lavoro, diversi dalla remunerazione. Lo studio mostra come il supporto e riconoscimento del proprio lavoro da parte della dirigenza siano elementi chiave per trattenere le risorse migliori. Questi gli effetti delle "mode" sulle strategie di gestione del personale importate da oltreoceano che hanno determinato, fino a pochi anni fa, l'eliminazione nelle principali aziende italiane di gran numero di dipendenti con una certa anzianità considerati solo "costosi", sottovalutandone competenze e esperienza. Negli Stati Uniti, oggi, nonostante 15 milioni di lavoratori disoccupati, vi sono ancora circa 2,5 milioni di posti per i quali i datori di lavoro stanno attivamente ricercando delle figure professionali che non sono stati in grado di coprire.
lunedì 4 marzo 2013
Enel: C.Conti; ridurre debito, contenere stipendi manager
Enel: C.Conti; ridurre debito, contenere stipendi manager
ROMA (MF-DJ)--Tagliare il debito, contenere gli stipendi dei manager,
ottimizzare la struttura della societa', limitare le consulenze,
proseguire il lavoro di recupero crediti. Sono queste le linee guida
emerse dalla relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria di
Enel per l'esercizio 2010.
La magistratura contabile osserva, a fine 2010, un alto livello di
debito (44,9 mld, -11,7% rispetto al 2009); un costo del personale di 4,9
mld invariato, pur in presenza di una riduzione dell'organico (-78 mila
unita', -3,6% a/a), per un aumento della spesa per stipendi dell'8,7%. Ne
deriva un aumento del costo unitario medio del personale (+1,7% per i
dipendenti in Italia, +8% quello dei dirigenti). Inoltre la Corte dei
Conti segnala un decremento del costo delle consulenze nel 2010 (-45,5%).
Calo del 3,9% nel 2010 anche per i crediti commerciali verso clienti del
gruppo.
Per questo, la Corte dei Conti evidenzia l'esigenza per Enel di
proseguire con sempre maggiore impegno, specie nelle presente fase
economica, nell'opera di riduzione dell'indebitamento del gruppo;
intervenire per contenere il progressivo rilevante aumento dei costi della
retribuzione del personale dirigenziale (top management), nelle sue
componenti variabili, specie a lungo termine; ottimizzare la struttura
della societa', anche allo scopo di contenere il costo del personale
dipendente; stabilizzare la riduzione dei costi per consulenze e
prestazioni professionali, attraverso l'impiego delle risorse interne;
continuare l'azione per il recupero crediti al fine di ottenere introiti
che si rivelano importanti nel quadro dell'indebitamento del Gruppo.
red/ren
(fine)
MF-DJ NEWS
ACEA: PICCOLI AZIONISTI, RIDURRE STIPENDI DEI MANAGER
Venerdì 04 Maggio 2012 19:31
ACEA: PICCOLI AZIONISTI, RIDURRE STIPENDI DEI MANAGER
Scritto da com/sdb(AGENPARL) - Roma, 04 mag - L'Associazione ha proposto, all'Assemblea degli Azionisti Acea, di ridurre del 40% le remunerazioni dei Vertici societari e l'abolizione dei Benefits (auto blu, supercar, carte di credito, etc.), che pesano sui Bilanci aziendali per oltre 8milioni di euro. Il rappresenta del Campidoglio (51% del capoitale), ha letto una nota con cui Alemanno "ha espresso invece voto favorevole alla delibera Acea che "determina le retribuzioni dei Top managers e dei 7 Direttori strategici". Una posizione irresponsabile, rispetto ai sacrifici subiti e richiesti ai lavoratori, ai cittadini e ai pensionati (anche risparmiatori) colpiti dalla crisi. Paolo Gallo, Direttore Generale del Gruppo Acea, usufruisce di una remunerazione da re: 756 mila383 euro, superando di 135mila129,25 euro l'appannaggio di 621mila253 euro assegnato ad Antonio Manganelli, attuale Capo della Polizia. L'Associazione dei piccoli risparmiatori Acea sostiene che "Và rispettato nei fatti l'appello rivolto dal Governo Monti". Ed aggiungono: "segnaliamo alla task-force della Presidenza del Consiglio la deriva anacronistica dell'auto-assegnazione di redditi che superano da 30 a 11,5 volte (da +1000% a +3000%) lo stipendio di un lavoratore Acea (25-30mila euro all'anno). "Ridurre la forbice, oltreché salvaguardare i posti di lavoro e riconquistare la fiducia dei cittadini passa anche per la maggiore trasparenza possibile e il ridimensionamento delle remunerazioni 'elastiche' nelle ex-municipalizzate". . L'operazione trasparenza ha disvelato qualcosa, anche se non tutto. Ma, senza scomodare il presidente degli Stati Uniti Barak Obama, che gode di uno stipendio di 400 mila dollari, circa 300mila euro, è clamoroso che il Direttore della multi utility romana (ma anche delle altre società dei servizi pubblici) incassi il doppio. Per quanto riguarda la Società capitolina, l'ing. Gallo, tra l'altro, non è il solo (anche se forse, nella cifra citata, c'é anche la sua "residenza romana" pagata dall'Acea, sembra che costi intorno agli 800 euro/giorno). A ruota seguono l'Amministratore delegato Marco Staderini, che ha ricevuto 476 mila euro e il Presidente Acea Giancarlo Cremonesi con 408mila euro, quest'ultimo campione anche di doppi incarichi remunerati (Presidenze di Confservizi e della Camera di Commercio; membro di Federutility, dell'Associazione delle Camere di commercio, etc.). In Acea, poi ci sono gli appannaggi di Enrico Laghi, Presidente del Collegio dei Sindaci che -tra questo e quello- nel 2011 ha incamerato 286mila500 euro, di Corrado Gatti con 227mila500 euro e di Alberto Romano che è stato remunerato con 231mila390 euro. E non finisce qui. Ci sono anche i "7 Direttori Strategici": Giovanni Barberis Amministrazione e Finanza; Paolo Zangrillo Personale e organizzazione, (anche lui con abitazione, nei pressi del Quirinale pagata dall'Acea); Stefano Tempesta Corporate Strategy; Andrea Bossola Idrico; Francesco Sperandini Reti; Luciano Piacenti Ambiente; Sergio Agosta Energia. Un drappello che complessivamente tra fisso, premio annuale e benefits 'monetari e non monetari', costa 2milioni di euro. Nel caso specifico, disaggregando il dato, l'appannaggio, ognuno di loro ha ricevuto 289mila500 euro, cioé 11,5 volte lo stipendio dell'operaio- tipo di Acea SpA (+1000%). E' prevista anche una "buona uscita" pari a 36 mensilità dell'intera cifra percepita (basta fare una semplice moltiplicazione x 36). Probabilmente i milioni di euro (pagati) dai cittadini hanno indotto la "casta" a sentirsi "padrona" della potenza economico-sociale espressa dalle bollette e dalla garanzia di "tariffe amministrate", specialmente nel monopolio naturale dell'oro blu. Quale religione prevalga è chiaro: uccidere l'amministrazione avveduta, diligente e rivolta al futuro dei servizi pubblici indispensabili! L'egoismo, il materialismo, il liberismo e un nuovo feudalesimo si è impadronito dell'ex-gioiello del Comune di Roma. La forza del bene acqua, in particolare, sembra che si mutata in prodigio sodi aumenti (annuali), vidimati dalle Strutture Provinciali, che modificando i calcoli hanno prodotto cifre consistenti, anche in assenza di investimenti "contabilmente certi" ovvero modificando le singole voci che vanno a comporre la bolletta dei "servizi idrici integrati" (captazione, trasporto e distribuzione di acqua potabile e depurazione), esaltando -negli ultimi anni- percentualmente gli incassi di ben oltre il 70-80%. Somme peraltro che si sono aggiunte nel "montante fatturato" all'utenza, insieme alle pesanti tasse locali che nel Lazio sono a tre cifre. L'Acqua Pubblica non è mai arrivata ai livelli "fallimentari" raggiunti negli ultimi 20 anni. E malgrado i consistenti accorpamenti non sembra abbia generato i "risparmi di scala" che erano attesi. D'altra parte la moltiplicazione di "società controllate e partecipate" e con esse degli sprechi e dei super costi (non proprio giustificati) hanno alla fine depauperato le aziende ed esasperato i cittadini-utenti. Intanto i "boiardi italici", nominati nelle ex-municipalizzate (quotate in Borsa) dai Sindaci, hanno nascosto, sotto il "Tappeto della Privacy" (e sotto l'ombrello della SpA), i loro appannaggi e i privilegi che si sono attribuiti, malgrado fossero sottoposti al "controllo dell'azionista pubblico di maggioranza (51% del capitale sociale) e fossero incaricati esclusivamente a gestire i "Servizi Pubblici" (non di loro proprietà) e ad amministrare diligentemente le risorse per il "bene comune". Alcuni dati sono ormai sotto gli occhi di tutti. Per ciò occorre una "capovolgimento culturale e amministrativo", specialmente sui "monopoli naturali" o "monopoli strutturali" come nel caso delle reti di distribuzione (quali quelle elettriche), affidate e affidati con concessioni pubbliche pluriennali. Lo stato attuale e gli inesistenti controlli permettono "speculazioni inaccettabili" che in una logica sociale di mercato, inserita nel "sistema attuale di commercio globale", doveva essere costantemente super-controllata e garantita, per sviluppare meccanismi competitivi, libertà d'intrapresa e corretti e "trasparenti investimenti", indirizzati a superare le gravi criticità presenti nel nostro Paese. Insomma, bisogna cambiare pagina per dar vita a una nuova stagione politico-amministrativa che rilanci le piccole imprese, crei maestranze all'altezza e migliaia di posti di lavoro. Ridurre la drammatica "forbice reddituale" che impoverisce le classi medie e i lavoratori è possibile, ma serve un'operazione di largo respiro che metta al centro "impegno e merito" nell'opera di risanamento dei 'servizi essenziali' del nostro Paese, sconvolti da "affidamenti impropri e antieconomici" spalleggiati da una "casta inamovibile" che ha occupato i gangli vitali delle decisioni strategiche. Serve un risanamento etico per coinvolgere gli azionisti-lavoratori ed i piccoli risparmiatori che, dopo i grandi scandali finanziari e le forti speculazioni sull'economia reale, hanno bisogno solo di norme rigide che li tutelino, perché solo così potranno riavere fiducia e dispiegare la voglia (che ancora esiste) di contribuire fattivamente allo sviluppo di cui c'è tanto bisogno. Ci vuole una maggiore trasparenza, che ancora non si riscontra nei corposi bilanci. Non c'é la descrizione dell'abnorme numero di Consigli d'amministrazione del Gruppo, di dirigenti, capi e capetti, spesso privi delle conoscenze relative ai servizi da erogare, ma portati soltanto alla mungitura delle risorse, all'esaltazione degli appalti di bassa qualità per centinaia di milioni di euro, a gonfiare le spese inutili e soffocare i buoni progetti tanto indispensabili quando si tratta di acqua, energia e ambiente.
Crisi RCS: stipendi dei manager ridotti del 10%
Crisi RCS: stipendi dei manager ridotti del 10%
Il vertici del Gruppo editoriale RCS annunciano la decisione di ridursi le retribuzioni per far fronte alla crisi del'azienda.
Il Gruppo RCS ha annunciato il piano di tagli che coinvolgerà non solo le testate e le sedi dell'azienda, ma anche il personale attivo e le retribuzioni dei vertici: l'amministratore delegato Pietro Scott Jovane, come anche il presidente Angelo Provasoli e altri dirigenti hanno reso nota la decisione diridurre gli stipendi del 10%.
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Una scelta dettata dalla profonda crisi del gruppo editoriale che non esclude i top manager, disposti a ridimensionare la propria busta paga pur di tentare di salvare il salvabile e raggiungere l'obiettivo imposto dall'azienda: risparmiare circa 80 milioni di euro.
Il piano di tagli prevede, infatti, 800 esuberi, di quali 640 in Italia, oltre alla vendita di dieci testate e allo spostamento delle storiche sedi di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport da via Solferino a Crescenzago.
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Se le retribuzioni dei dirigenti subiranno una riduzione del 10%, non è ancora stato specificato quali saranno le divisioni aziendali maggiormente colpite dai licenziamenti, che riguarderanno il personale giornalistico e non. Tutte le criticità del piano sono state messe in evidenza dai rappresentanti sindacali dei dipendenti RCS, che hanno sottolineato i pesanti disagi per i lavoratori a livello europeo.
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«I tagli prospettati vanno a sommarsi ai pesanti interventi già attuati negli anni passati, soprattutto in Spagna, dove solo nel 2012 si sono persi circa 350 posti di lavoro, con un evidente pericolo per il mantenimento della qualità dell'offerta editoriale oltre che un ulteriore aggravio dei carichi di lavoro.»